martedì 31 maggio 2016

Tre domanda a... Lorenzo Ligabue

Porsi degli obiettivi è fondamentale per raggiungere i traguardi e i risultati che ci si è prefissati, richiede consapevolezza dei propri mezzi, molta fatica e tantissima dedizione. Nella vita come nello sport essere giovani non è facile perché bisogna sempre misurarsi con la propria inesperienza e ingenuità davanti a scelte molto difficili. Di queste debolezze però Lorenzo Ligabue ne ha fatto il suo punto di partenza su cui costruire tutta la sua vita sportiva.
Esterno dalla grande velocità e dal dribbling eccezionale, trascorre 6 anni nelle giovanili dell' US Sassuolo Calcio dalla categoria Esordienti fino agli Allievi Nazionali, arrivando anche ad esordire nella Primavera di Paolo Mandelli. A seguito dell'arrivo di Palmieri, ex responsabile del settore giovanile del vecchio Parma, Lorenzo viene ceduto in prestito per un anno alla Rosselli Mutina, società modenese militante nel campionato di Promozione, per permettergli di crescere e di trovare continuità. Nonostante la giovane età (classe 1998), durante questa stagione ha dimostrato di essere all'altezza del campionato e di essere pronto a fare il salto di categoria, non a caso c'è la possibilità di un suo trasferimento in una squadra di Serie D per la prossima stagione.
Grazie alla sua determinazione e alle sue qualità sicuramente riuscirà a togliersi grandi soddisfazioni, dimostrando ancora una volta come il settore giovanile neroverde sia l'ambiente giusto per qualsiasi giovane emergente ambizioso di raggiungere il calcio professionistico.



Dopo le giovanili nel Sassuolo, sei alla tua prima esperienza in Promozione. Cosa significa essere il più giovane in un gruppo ormai collaudato?

"Il ruolo del giovane è molto particolare ha dei Pro e dei Contro. Prima di tutto bisogna portare rispetto ai giocatori più anziani che giocano a calcio da più tempo perché sono proprio loro che con i loro consigli e a volte i loro rimproveri potranno aiutarti nella tua crescita. Noi giovani dobbiamo fare tesoro dei loro suggerimenti per migliorarci costantemente."

Cosa pensi del vostro campionato?

"Il nostro campionato è stato molto particolare, non siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo che ci eravamo prefissati ad inizio stagione, cioè quello di classificarci nelle posizioni nobili della classifica per raggiungere i Play-off, e ci siamo ritrovati a lottare fino alla penultima giornata per la salvezza. A parer  mio questo è successo per il clima che si è venuto a creare all'interno dello spogliatoio durante la stagione, dove i giovani sono stati spesso messi da parte causando la spaccatura del gruppo. Dispiace molto perché avevamo tutte le carte in regola per far bene e per ambire ad un possibile accesso alla categoria superiore."

Dal tuo futuro ti aspetti di poter giocare in categorie superiori?

"Quest'anno sono stato mandato in prestito dal Sassuolo, credo che questa esperienza sia stata fondamentale e già dall'anno prossimo mi aspetto di poter salire di categoria."

sabato 28 maggio 2016

L'ago della bilancia di Carpi, Modena e Sassuolo

Siamo giunti anche quest'anno alla resa dei conti per le tre squadre professionistiche della nostra provincia, momento decisivo nell'analisi di quanto è stato fatto e di cosa bisognerà fare per affrontare la stagione prossima. Da un lato possiamo ammirare record storici e certezze per questo Sassuolo dei sogni, dall'altro due retrocessioni, una più amara dell'altra, per quanto concerne Carpi e Modena.

Sassuolo, a soli 10 anni da quando fu promosso per la prima volta nell'allora Serie C1, ha coronato un vero e proprio sogno conquistando la prima storica qualificazione ai preliminari di Europa League.
Molti parlano di "favola europea" del Sassuolo anche se francamente trovo questa definizione estremamente erronea e svilente nei confronti di un club che in 10 anni ha saputo costruire tantissimo, valorizzando i giovani e investendo nel modo più corretto un discreto capitale. Non c'è dubbio, obiettivo centrato per Di Francesco e i suoi che ora si godono il momento lanciando anche qualche provocazione per caricarsi: "Non saremo una comparsa" dichiara Acerbi dopo la finale di Coppa Italia vinta dalla Juventus battendo il Milan di Brocchi per 1-0 nei tempi supplementari, sintomo di fiducia e determinazione all'interno di un gruppo in crescendo che ha saputo superare tutte le aspettative stagionali piazzandosi al sesto posto.


Un famoso proverbio latino recitava "dulcis in fundo" per sottolineare come il meglio arrivi solo alla fine, ma in questo caso non si è rilevato vero per la squadra biancorossa. I carpigiani hanno concluso la stagione al terzultimo posto a quota 38 punti dietro a Udinese e Palermo a 39, con i siciliani il Carpi ha condotto un testa a testa fino all'ultima giornata sfoderando tutte le risorse possibili ma senza sortire l'effetto sperato. La vittoria casalinga dei rosanero li ha condannati, dopo solo un anno in paradiso, al ritorno in Serie B, tanti forse troppi gli errori in fase offensiva e una rosa limitata non hanno permesso alla formazione di Castori di raggiungere una salvezza che avrebbe avuto un peso specifico notevole nella storia del club emiliano. Chiaramente non si vuole gettare la croce addosso a nessuno, ma in effetti Jerry Mbakogu ha dimostrato di avere più responsabilità di altri non avedo quasi mai apportato il giusto contributo realizzativo ad una squadra che ne aveva bisogno più dell'ossigeno. Le cause che stanno dietro ad una retrocessione sono tante e non è mai facile affrontarle tutte in poche righe, ma una cosa è certa al Carpi di Bonacini non resta altro che creare un progetto interessante per trovare una permanenza stabile nella serie Cadetta, nella speranza di poter tornare a calcare ben altri campi.


Ora veniamo alla compagine gialloblu, protagonista tragica di un vero e proprio dramma sportivo.
Tutto è cominciato nell'estate della scorsa stagione, quando Massimo Taibi è stato incaricato da Antonio Caliendo, presidente della società, di ricoprire il ruolo di DS. Nelle due stagioni successive il Modena Calcio ha vissuto uno dei momenti più bui degli ultimi 15 anni, offrendo spesso e volentieri un gioco scadente e rinunciatario. Tantissime le scelte sbagliate in campagna acquisti, giocatori e allenatori privi d'esperienza o con un livello tecnico non all'altezza della categoria sono stati aggregati da una società priva di ambizioni e di reali interessi nei confronti di una città che ha vissuto la maggior parte della sua storia tra Serie A e Serie B.
Un settore giovanile nel quale non si investe più da tanto tempo è il sintomo più evidente di come si sia persa la capacità di sognare e di avere fiducia in un progetto per il Modena del futuro. 
Con queste condizioni societarie la retrocessione era solo questione di tempo. Dopo una salvezza in extremis ai Playout lo scorso anno, alla fine di questa "regoular season" è arrivata la retrocessione diretta con un piazzamento a dir poco umiliante. 
Ma forse questo non è neppure l'aspetto peggiore perché davanti ai tifosi e ad un'intera città ora c'è d'innanzi uno spettro ancora più spaventoso, ovvero l'incubo del fallimento.
In effetti in questi mesi sono emerse le paure e i timori più reconditi della tifoseria derivanti da una gestione non trasparente del presidente Caliendo. Evasione fiscale, mancati pagamenti in tribunale e infiniti altri siparietti hanno fatto sì che il circo di Antonio Caliendo andasse in scena a discapito di questa società ultracentenaria. 
Questo il racconto di una retrocessione che ha messo in ginocchio e a dura prova la passione per questo sport di un'intera città. Dal mancato arrivo di Galabinov all'arrivo a sorpresa di Crespo passando per la falsa promessa Trezeguet, possiamo ben renderci conto di come il destino gialloblù fosse già segnato molto prima della decisione di Abisso allo stadio Silvio Piola di Novara. Il Modena per giunta non ha mai neppure avuto la sorte dalla sua, anche se bisognerebbe ricordarsi che la fortuna aiuta solo gli audaci. Con più del 50% delle partite in stagione perse e una sola vittoria in trasferta, possiamo ben comprendere come fosse impossibile sperare nel miracolo.
Il futuro del club più blasonato della provincia è molto incerto e piuttosto opaco, la verità arriverà solo entro il 30 giugno quando sapremo se la squadra verrà ufficialmente iscritta al campionato di Lega Pro.

venerdì 27 maggio 2016

L'Europa si tinge di rosa

Ieri sera, in un Mapei Stadium dal respiro europeo, va in scena la bellissima finale di Champions League femminile tra le tedesche del Wolfsburg e le francesi dell' Olympique Lyonnais.
Sotto al tramonto romantico di Reggio Emilia Les Fenottes vanno a conquistare il loro terzo titolo in questa prestigiosissima competizione, affrontando un Wolfsburg per gran parte del match impacciato e contratto.


E' proprio il Lyon a dominare la gara e a mettere in atto un vero e proprio monologo. Il 4-3-3 delle ospiti garantisce loro la totale supremazia sul campo, con inserimenti velenosi degli esterni alti che hanno portato proprio al momentaneo vantaggio. Al 12' Bremer se ne va sulla fascia sinistra mettendo al centro un cross basso per Ada Hegerberg che come sempre si fa trovare pronta e non sbaglia, 0-1.
La partita si infiamma e non mancano le occasioni al Lione per raddoppiare o triplicare il proprio vantaggio, ma Schult, il portiere tedesco, con parate davvero mirabili costringe le avversarie sul quel parziale fino a pochi minuti dal 90', quando Alexandra Popp sigla il pareggio con un gran colpo di testa dal cuore dell'area piccola.

Nell'extra time la partita cambia improvvisamente, il Wolfsburg, rivitalizzato dalle due sostituzioni, si sveglia e dopo appena 2 minuti la Popp sbaglia un gol incredibile a pochi passi dalla porta. In risposta alla tedesca risponde la Hegerberg che manca per pochissimo il tiro-cross di Majri. La Partita va per le lunghe, la stanchezza e i crampi fanno da padroni in un secondo tempo supplementare gestito in modo molto prudente da parte di entrambe le compagini. Il risultato non si schioda dall'1-1 e si arriva fino alla lotteria dei calci di rigore, ultima spiaggia per un Wolfsburg tenace e spauracchio per un Lione che temeva di vedersi scivolare via la coppa dalle mani.
Comincia bene il Wolfsburg che ora alla coppa ci crede per davvero, sopratutto dopo l'inaspettato errore dal dischetto del capocannoniere della competizione, Ada Hegerberg. Le tedesche però sul 3-1 non sono abbastanza ciniche facendosi rimontare e facendosi parare l'ultimo rigore e innescando la gioia del Lione.



In un clima di gioia e sportività giustamente il Lione si laurea per la terza volta campione d'Europa, dopo una partita che sarebbe dovuta terminare dopo i primi 90'. Le francesi hanno dimostrato fino alla fine di meritarsi questa coppa grazie ad una coralità invidiabile e alle qualità delle singole come Necib e Hegerberg, bomber della squadra con 13 gol all'attivo quest'anno, capaci di accendere la luce in qualsiasi situazione della gara. 
Se il Lyonnais ha dimostrato tanta testa, il Wolfsburg ha messo in campo un grande cuore cercando di ribaltare sempre il risultato, nonostante una chiara inferiorità tecnica. 
La finale di Reggio Emilia spero abbia mostrato anche all'Italia come il calcio femminile non sia più una realtà trascurabile, ma un grande spettacolo capace di veicolare grandi emozioni in grado di richiamare 20.000 spettatori.

martedì 24 maggio 2016

Tre domande a... Franco Martelli

Di questi tempi un certo Claudio Ranieri ci ha insegnato che con coraggio, lavoro e rispetto si può ancora sognare nel calcio, raggiungendo risultati incredibili grazie a gruppi straordinari e un pizzico di fortuna. Il suo Leicester però non è l'unica realtà che è stata in grado di raggiungere obiettivi memorabili, esistono moltissime squadre che silenziosamente e con costanza cercano di sognare stagione dopo stagione, perseverando e portando avanti il loro lavoro con passione. L' ASD San Paolo, nel suo piccolo, è una di queste piccole società che nel lontano 2001 è riuscita ad aprire addirittura una sezione femminile.


Anno dopo anno la squadra femminile è cresciuta insieme al diffondersi del calcio femminile stesso, arrivando, nel 2009, a vincere le finali regionali e a partecipare al Grassroots UEFA presso il centro federale di Coverciano. Franco Martelli si inserisce proprio in quell'anno all'interno della dirigenza geminiana, assumendo il ruolo di referente per il settore femminile. La stagione successiva arriva la svolta: a Franco si affianca Mario Leonelli, che porta in gialloblù molte atlete del Montale, le quali contribuiscono significativamente a rinforzare la prima squadra. Grazie proprio a questi nuovi arrivi, in particolare a quello dell'attuale capitano Chiara Gabrielli e ad Annachiara Bertacchini, il San Paolo riusce a vincere la Coppa Emilia, laureandosi campione regionale, e ad iscriversi conseguentemente alla Serie C.

Dopo una stagione tranquilla, dove le gialloblù raggiungo la salvezza, a causa di problemi legati alla rosa, la società decide di ripartire dalla serie D.
Ma non sempre tutti i mali vengono per nuocere e Franco, che nel frattempo diventa DS, riesce a costruire una squadra forte pensando anche al futuro. Dopo sole due stagioni infatti riescono a ritornare in Serie C, grazie all'importantissimo contributo della già promettente Giulia Merigo, rivelazione di quella stagione, attualmente in forza al SSD Football Milan Ladies.
Come si può già ben capire da queste poche righe, San Paolo è una bellissima realtà che ha aperto al calcio femminile in modo propositivo lanciando giovani calciatrici nelle serie maggiori, come la già citata Giulia Merigo e Sara Tardini, giocatrice della Reggiana, che ha vestito anche la casacca azzurra.
Il DS non ci ha nascosto le sue volontà, come d'altronde quelle di tutta la società, di costruire una squadra competitiva in grado di ambire ai posti più nobili del campionato, a seguito di un'annata non del tutto soddisfacente dal punto di vista dei risultati.



Quali sono state le maggiori difficoltà nell'organizzare la sezione femminile e qual è stata la chiave per ottenere gli ottimi risultati conseguiti?

"Le maggiori difficoltà incontrate nel nostro cammino sono da ricondurre alla diffidenza di tante famiglie per questo sport ritenuto dai più prettamente maschile, solo la forte convinzione delle bambine e delle ragazze e la loro passione per il calcio ha consentito di superare tante difficoltà; certamente nella nostra città è molto forte l’attrattiva della pallavolo che, soprattutto nel femminile, attira e coinvolge tante ragazze.
I risultati – buoni direi  – si sono raggiunti con l’aiuto di tutto il gruppo di persone che mi hanno affiancato in questi anni, oltre al già citato Leonelli una menzione particolare va a Stefania Piersanti, allenatrice per diversi anni e tutt'ora calciatrice gialloblu e Pasquale Maiocco che mi ha affiancato fin dal 2009 allenando la formazione Under 15 ed ancora oggi alla guida della seconda squadra."

L'arrivo al SSD Football Milan Ladies di Giulia Merigo è anche merito di questa società. San Paolo è l'ambiente giusto per la crescita di giovani calciatrici?

"Come già detto oltre a Giulia Merigo, in prestito nella stagione appena trascorsa al Milan, anche Sara Tardini che ha anche vestito la maglia azzurra della nazionale sono oggi in attività in Serie B; altre ragazze hanno effettuato stage con formazioni di Serie A e B ma hanno preferito continuare a giocare nella città di Modena per motivi di studio o lavoro. L’ambiente e la qualità dei tecnici sono molto importanti, ma le doti naturali di alcune calciatrici le rendono uniche e fin dall'inizio mettono in mostra il loro potenziale."

Secondo te da cosa bisognerebbe partire per migliorare il calcio femminile?

"A mio parere la strada per la  crescita del movimento calcistico femminile non può prescindere dalle scuole.  Il programma di sviluppo del movimento che coinvolge da quest’anno le formazioni professionistiche, con l’obbligo della creazione di uno specifico settore giovanile,  è certamente un passo importante per la forza attrattiva ed economica che queste realtà potranno mettere in campo, anche se nella nostra provincia, vedo difficoltoso lo sviluppo dei settori giovanili di ben 3 Società senza una forte penetrazione nel tessuto scolastico."
"


martedì 17 maggio 2016

Tre domande a... Federico Benincasa

"Una vita dedicata allo sport, una vita da ricordare con lo sport". La Modena "Benny" Cup passa proprio attraverso queste parole del suo fondatore e organizzatore, Federico Benincasa, in ricordo di suo padre Lorenzo. Da 3 anni ormai suo figlio porta avanti questa piccola iniziativa dal grande messaggio umano e sportivo in memoria di uno dei più grandi pionieri del calcio modenese, suo padre, uomo capace di cambiare in meglio la vita di centinai di ragazzi attraverso il suo esempio dentro e fuori dai campi sportivi.

Rispetto, impegno, sportività e divertimento erano e sono i principi fondamentali prima di Lorenzo poi di Federico Benincasa che dello sport hanno fatto uno degli obiettivi principali della loro vita, accantonando l'ansia dei risultati dettata dalla frenesia del mondo (e del calcio) moderno per perseguire un progetto superiore finalizzato ad ottenere una vera e propria formazione sportiva in grado di tradursi anche in educazione per i giovani calciatori.
La Modena "Benny" Cup dunque che cos'è? E' un'occasione non solo per rendere omaggio al lavoro e al ricordo di un grande uomo di sport, ma anche un momento in cui poter imparare all'insegna della riscoperta del vero messaggio che dovrebbe portare lo sport.  Inoltre non dimentichiamo che questo piccolo torneo cittadino è promotore della lotta contro i tumori e sostenitore della LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) a cui devolve parte dell'incasso. Insomma prima che un'esperienza sportiva è assolutamente un' esperienza umana in ogni sua sfaccettatura.


Questi valori, che Federico ha imparato accompagnando il padre per molti anni sulle panchine di tanti campi di Modena e provincia, sono proprio quelli che adesso lo accompagnano quotidianamente nelle sue prime esperienze da allenatore, ricordandogli ogni giorno la presenza di suo padre.
Da quest'anno Federico si è impegnato ad allenare la Juniores della Città Dei Ragazzi, storica società cittadina, con la quale sta portando avanti un progetto del tutto nuovo e originale improntato sulla crescita di molti giovani modenesi. Suo padre diceva sempre ai suoi ragazzi: "La vita è fatta di scelte. Se si prende un impegno lo si sostiene fino alla fine." , di questo grande insegnamento Federico ha fatto tesoro portandolo tutt'ora ai suoi ragazzi e dimostrandolo nelle scelte della sua vita. Lo sport deve essere prima un'opportunità per crescere ed imparare, come dicevamo sopra, poi una pura competizione agonistica dove lo scopo è vincere.
Questa è la filosofia e la visione del calcio giovanile di Federico Benincasa, caratterizzata sicuramente da un grande sguardo retrospettivo verso i valori del calcio di "una volta" ma con un respiro sicuramente proiettato nel futuro.



La Modena "Benny" Cup è una splendida iniziativa a favore della lotta contro il cancro, Questa esperienza credi che debba partire dai giovani?

"Assolutamente sì, perché i giovani sono il futuro e soprattutto perché devono legarsi anche loro alla beneficenza e alla solidarietà, che è una cosa ancora lontana al giorno d'oggi. Unire i giovani sotto la bandiera della lotta contro il cancro è un importante segno per il nostro domani."  

Pensi che questo evento sportivo possa crescere in futuro?

"Credo assolutamente di sì, però a me piace vivere giorno per giorno di conseguenza voglio che  non sia una fine ma una testimonianza forte sulle orme di quello che ha fatto mio padre come volontario per lo sport e per la città di Modena. Secondo me bisogna scendere in campo ogni giorno con questi ideali con costanza e impegno."

Federico, da allenatore cosa cerchi di trasmettere ai tuoi ragazzi?

"Da allenatore innanzi tutto cerco di trasmettere i valori di una volta, come l'unione e il gruppo. Per me viene prima l'amicizia e la squadra, che deve essere prima di tutto un gruppo di amici, e solo in un secondo momento il calcio giocato. Infine ritengo che il comportamento e il rispetto reciproco siano le regole basilari per praticare questo sport."

martedì 10 maggio 2016

Tre domande a... Lorenzo Malavasi

Essere “Capitano” di una squadra non è cosa da tutti: ci vuole carattere, grinta, fiducia e tanto attaccamento alla maglia della propria squadra. Tutte queste virtù vanno a comporre l’ottimo biglietto da visita di Lorenzo Malavasi che inizia il suo percorso calcistico nella Rosselli Mutina, militandovi per moltissimi anni dalla Scuola Calcio fino ad arrivare in Juniores, cosa che gli è valso l’appellativo di “Cap”. Alla fine della scorsa stagione però lascia la formazione modenese per trasferirsi in prestito all’ASD Manzolino, società della provincia militante in Prima Categoria, che lo aveva già notato nel corso del campionato precedente. 
Un posto per lui in Promozione non c’era, di conseguenza decide di accettare l’offerta del Manzolino  e si tuffa in questa nuova avventura ricca di nuovi stimoli e nuove sfide per fare esperienza e per poter crescere. Le sue ottime qualità da difensore centrale e l’età gli consentono di trovare a Manzolino la continuità e lo spazio che altrove non avrebbe mai trovato, arrivando a totalizzare 21 presenze su 30. Trascorre un’ ottima stagione grazie anche alla grande fiducia del mister e della società, vogliosissimi di poterlo riconfermare anche nella prossima stagione e colpiti dalla sua grande serietà e aggregazione verso questo nuovo gruppo, nel quale si è dovuto inserire completamente da zero. Al suo primo anno al di fuori dei campionati giovanili è riuscito a raggiungere con i suoi compagni la prima storica salvezza del Manzolino in Prima Categoria e a dimostrare prima di tutto a sé stesso di avere le capacità per poter giocare tranquillamente anche in categorie superiori grazie al suo ottimo rendimento
La Rosselli resterà sempre la sua casa anche se ora il suo destino lo sta portando a calcare ben altri campi, ma chi lo sa in futuro le loro strade potrebbero nuovamente riallacciarsi.



Come ti sei trovato in questa nuova società?

"Al Manzolino mi sono trovato molto bene, ho trovato un gruppo importante formato da giocatori esperti più grandi di me, già consolidato da 4 anni che ha saputo accogliermi al meglio. Avendo avuto alle spalle Alessio Celeste, il DS della società che mi aveva già contattato nella stagione scorsa, ho sicuramente avuto poche difficoltà ad inserirmi in  questa nuova realtà e a scegliere questa squadra."

Secondo te viene dato il giusto spazio ai giovani in Prima Categoria?

"Credo che dipenda dalla società in cui ci si trova. Ci sono società che non danno molto spazio ai giovani e permettono ad alcuni di giocare solo per adempiere al regolamento della categoria. Al contrario il Manzolino è una delle poche squadre aperta nei nostri confronti e propensa a farci crescere dandoci la giusta continuità. Quindi penso che tutto dipenda dall'allenatore e dalla politica societaria, la maggioranza delle squadre di questo campionato non punta sui giovani."

Credi che Manzolino sia l'ambiente giusto per togliersi delle soddisfazioni?

"Secondo me sì, perché nonostante fosse il mio primo anno in prima squadra, abbiamo raggiunto una salvezza tranquilla e per il futuro c'è già un progetto ambizioso che potrà farci puntare più in alto."

martedì 3 maggio 2016

Tre domande a... Jacopo Battilani

Enzo Ferrari una volta disse: << Se lo puoi sognare, lo puoi fare.>>, eccezionale spunto di un visionario che calza a pennello con lo spirito e la voglia di Jacopo Battilani, giovane giocatore dell'ASD Colombaro. Da sempre "Jappo", nomignolo che gli è stato dato dai sui compagni di squadra, è un atleta con tanta determinazione e attaccamento alla squadra Oranje, dimostrando non solo di possedere ottime doti atletiche ma anche una grande personalità.
Muove i suoi primi passi nel Maranello, società della sua città natale nella quale inizierà il suo percorso giovanile e dove rimarrà fino alla prima adolescenza, per poi passare nel 2012 definitivamente alla squadra arancionero. A Colombaro trova un ambiente aperto, rinnovato e in costante crescita a livello giovanile, atmosfera che gli consentirà di poter sfruttare al meglio le sue qualità e di potersi mettere in luce agli occhi di una società sempre molto attenta e presente. 
In questo crescendo si arriva presto alla svolta decisiva per la sua vita sportiva, l'inserimento nella rosa della prima squadra, avvenuto la stagione scorsa quando ancora militava nella categoria "Allievi". La società prontamente lo convoca e gli comunica la volontà da parte di tutta la dirigenza di aprire un progetto su di lui a lungo termine. Alla luce di questi elementi, Jacopo non ci pensa due volte e coglie questa grande possibilità per il suo futuro. 
Calcisticamente la sua vita cambia radicalmente: per un giovane classe '99 come lui, inizialmente non è facile inserirsi in un gruppo di atleti maturi e consapevoli dei propri mezzi, la sua posizione in campo viene modificata e arretrata, facendone di Jacopo non più uno stopper ma un difensore centrale a tutti gli effetti, disponibile a qualche adattamento sull'esterno in caso di necessità. 
La nuova sistemazione però non lo spaventa e infatti di lì a poco comincia ad entrare in tutti i meccanismi della squadra trovando proprio nelle prime difficoltà gli spunti giusti per migliorare, appoggiandosi anche ai giocatori più anziani. Per garantirgli maggiore continuità, la società decide di farlo giocare da titolare nel campionato Juniores, convocandolo occasionalmente in Promozione con la prima squadra.
Jacopo ora ha davanti a sè una grande possibilità per crescere e far bene in una società che ha puntato su di lui, dopo questa prima stagione ora lo attende un anno nuovo colmo di sorprese e nuove sfide da sfruttare al massimo del potenziale.


Cosa hai notato e come ti sei sentito passando dal settore giovanile alla prima squadra?

"L'anno in cui sono stato inserito nella rosa della prima squadra ho cominciato giocando negli "Allievi", a metà anno mi sono unito alla Juniores e solo a fine stagione sono arrivato in prima squadra. Inizialmente è stato abbastanza impegnativo e stressante, ho notato fin da subito la grande differenza tra la Promozione e i campionati giovanili, indubbiamente più facili (ride). Anche gli allenamenti sono cambiati tantissimo, il lavoro quotidiano richiesto in prima squadra è certamente molto più elevato, serve tanta intensità. Con il passare del tempo però queste piccole difficoltà iniziali vanno scemando e vieni integrato a tutti gli effetti anche nello spogliatoio dai giocatori più anziani, sentendoti molto più a tuo agio."

Colombaro sta facendo molto per i giovani in questi anni, cosa pensi sia stato fondamentale per la tua crescita?

"Per la mia crescita credo che sia stato fondamentale il mio grande impegno e la costanza negli allenamenti, ma anche le grandi esperienze che ci ha fatto fare la società, come il torneo Sassi, un'esperienza importantissima per noi giovani, nella quale abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con giovani calciatori di squadre professionistiche, come Modena e Sassuolo."

Quest'anno siete retrocessi, cosa ti aspetti dal futuro?

"In molti mi hanno già fatto questa domanda, la mia volontà è di rimanere a Colombaro per poter continuare e ultimare la mia crescita sia fisica che tattica. Se arriveranno delle buone offerte valuterò attentamente e poi deciderò cosa fare, in futuro uno dei miei obiettivi è sicuramente quello di poter giocare in Promozione."