martedì 23 agosto 2016

Tre domande a... Dante Gozzi

Coraggio, forza di volontà e voglia di fare sono gli imperativi che hanno sempre contraddistinto il centrocampista classe '95, recentemente trasferitosi al  neopromosso Ganaceto F.C. .

Dopo la difficile esperienza al Gorzano, caratterizzata da una forte instabilità societaria e uno spogliatoio poco unito, Dante decide di accettare l'offerta dei dirigenti della bassa nella speranza di rilanciarsi e di poter ritornare a giocare ai livelli di Colombaro. 
Infatti il giovane centrocampista ha sempre dimostrato di avere tutte le carte in regola per militare anche in campionati superiori alla Prima Categoria grazie alla sua tecnica e ad un'invidiabile visione di gioco. Dopo aver partecipato per ben 2 stagioni consecutive al campionato di Promozione, rispettivamente con le casacche di Colombaro e Real Modena, adesso si prospetta davanti a lui un'esperienza completamente nuova e ricca di interessantissime sfide, come testimoniato dal suo nuovo presidente, che al suo arrivo ha dichiarato: <<Noi volgiamo essere la sorpresa del campionato>> ribadendo ulteriormente l'obiettivo centrale per la prossima stagione. 
Le sue aspettative sono poche e semplici: un buon gruppo e un progetto solido alla spalle. Niente di più in linea con le direttive della sua nuova società che sicuramente cercherà di portare avanti un campionato di vertice. 

E' tutto pronto dunque per la prossima stagione, Dante cercherà di sfruttare al meglio questa opportunità per ritrovare il tanto desiderato ridimensionamento sportivo, che dopo due stagioni opache spera finalmente di aver trovato. Ganaceto è un ambiente tranquillo, ricco di spunti e sulle ali dell'entusiasmo, forse un'occasione migliore non poteva capitargli.



Come commenti il tuo trasferimento al Ganaceto?

"Dopo l'esperienza di Gorzano, dove non avevo trovato un ambiente adatto al tipo di campionato che volevo condurre, ora spero di rilanciarmi e di ridimensionarmi per tornare a togliermi soddisfazioni importanti."

Rispetto al recente passato credi di trovare più continuità?

"Sicuramente ho scelto Ganaceto anche per questo, non ho intenzione di giocare contando solo sull'obbligo di almeno un '95 in campo, ma ho intenzione di guadagnarmi settimana dopo settimana un posto da titolare indipendentemente dalla mia età anagrafica."

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

"Mi aspetto un campionato diverso da tutti gli altri che ho condotto. L'obiettivo centrale non sarà la salvezza, quindi mi aspetto una stagione dove lotteremo per i primi posti cercando di conquistare le zone più nobili della classifica."





























venerdì 12 agosto 2016

A piccoli calci, 6^ puntata


Trasmettere la propria visione del calcio è molto difficile. Lo sanno i grandi allenatori così come i piccoli delle realtà dilettantistiche di tutto il paese. Lo sa bene anche Riccardo Da Pos, che oggi ci accompagna alla scoperta della scuola calcio (Pulcini 2007) dell’ASD Morazzone, in provincia di Varese.


<<Autonomia di pensiero, miglioramento della tecnica e rispetto delle regole, dei compagni e degli avversari>> Questi sono gli obbiettivi di una società che si radica nel varesotto agli inizi degli anni ’80 come Real Varese. Nel 1984 la società si sposta a Morazzone, diventando definitivamente quella che oggi noi conosciamo come ASD Morazzone. La passione e la grinta dei componenti della società portano allo sviluppo di un settore giovanile che oggi conta ben 11 categorie che vanno dai 6 anni fino ai 17. La carriera di Riccardo inizia con i Pulcini 2007, dove si trova immediatamente a dover fare i conti con le difficoltà del mestiere: << il nostro lavoro è sicuramente più difficile di altri. Bisogna tenere conto di alcune questioni legate all’età dei bambini, al loro rapporto coi genitori e alle loro fasi sensibili di apprendimento che non sono mai da sottovalutare>>. Una crescita quindi non solo calcistica ma anche umana, che deve aiutare i bambini a formare dentro di sé prima la persona e poi il giocatore. <<Per questo motivo servono sostegni forti, dalla società verso di noi, ma soprattutto dai genitori verso i bambini. Molte volte proprio loro sono troppo pressanti e negativi coi bambini stessi>>.

ASD Morazzone che nonostante l’impegno profuso in così tante categorie non fa mai mancare il proprio apporto: << Con la società i rapporti sono buoni, ed io personalmente nel lavoro sul campo mi trovo alla grandissima>>. Inoltre la società a partire dal 2014 ha iniziato una serie di lavori di riqualificazione dei campi al “Morazzello” che permette ad atleti ed allenatori di avere a disposizione due campi da allenamento e riprese video dei campi stessi per la revisione tattica delle sedute. Tutto questo permette a Riccardo di concentrarsi sul lavoro attorno a concetti calcistici basilari come spazio, tempo, tecnica di base e coordinazione.



Prima di lasciarci abbiamo voluto chiedere a Riccardo perché ha scelto una scuola calcio, evidentemente più impegnativa rispetto ad altre panchine: << Mi piace lavorare coi bambini, mi piace mettere basi solide per il loro futuro e indirizzarli a valori come il rispetto, la dedizione, l’impegno, il divertimento e la passione verso il gioco più bello del mondo. Nient’altro>>

martedì 9 agosto 2016

Tre domande a... Ennio Bulgarelli

Tanta passione, voglia di allenare e un' invidiabile preparazione calcistica, il calcio giovanile è stato fin da subito una sua priorità, anche se non nega il desiderio di arrivare ad allenare in prima squadra. Ai nostri microfoni ha detto: <<ho sempre avuto la passione per Allenare, la mia prima esperienza è stata alla San Faustino Rosselli di Modena nel 2009-2010 con i Pulcini>>. 

Progressivamente all'aumentare della sua esperienza e delle sue capacità di allenatore ha avuto l'onere di allenare categorie sempre maggiori, arrivando a guidare i "Giovanissimi" e gli "Allievi". E' proprio nei tre anni alla Solierese che sono arrivate le soddisfazione più grandi, <<2 tornei vinti, in particolare quello a Rubiera con i 2001, e il 4 posto in classifica con gli Allievi>>. 
La sua idea di calcio prendeva sempre più forma soprattutto grazie agli incontri ed alle esperienze con Pep Guardiola, Carletto Ancelotti ed Emery, riuscendo a studiare a fondo l'ideale che guida il calcio moderno e a far prendere definitivamente un'anima e un corpo ai suoi schemi e alla sua visione di gioco. 
Altro fondamentale tassello nella sua formazione sportiva e calcistica è sicuramente il rapporto di amicizia con la società toscana dell'Empoli Calcio, che da tempo ha intrapreso un ottimo rapporto di amicizia con l'ASD Solierese aprendo i propri settori giovanili e consentendo a società minori di poter apprendere novità e migliorie sempre all'avanguardia.
Alla luce di questi sviluppi nella sua carriera da mister, ha deciso di lasciare la Solierese per cogliere altre opportunità e per perseguire i suoi obiettivi. <<A Soliera ci sono persone in gamba, molto serie che hanno una grande dedizione e passione per il Calcio. A volte anche se non si lavora più insieme non significa che non ci sia stima reciproca. Magari un giorno tornerò, quando sto bene in un posto non escludo di tornarci in futuro>>, queste le sue parole a dimostrazione di quanto sia stata fondamentale questa società per la sua crescita sportiva e calcistica, nonostante il suo futuro molto probabilmente sarà lontano dai suoi campi.

<<In futuro spero di allenare una prima squadra perché ho una grande passione per il calcio e sto aspettando la mia occasione. Nel frattempo ne approfitto e vado in Spagna, tenersi aggiornati è la base per stare al passo con i tempi>>, ai nostri microfoni ha fatto questa indiscrezione dichiarando di voler trasferirsi temporaneamente in Spagna, precisamente nella città di Barcellona, per prendere parte a Camp estivi e iniziative giovanili in cui poter continuare e migliorare la sua preparazione sportiva.



Cosa significa per lei allenare nelle giovanili?

"Allenare le giovanili per me ha un grande significato perché è il momento dove si può insegnare ai ragazzi non solo a giocare a calcio, ma anche ad avere un certo tipo di comportamento."

Un'esperienza come il torneo Rebecchi cosa può significare per lei e i suoi ragazzi?

"Il Torneo Rebecchi credo che sia un momento molto importante per la crescita dei ragazzi. Potersi confrontare con realtà d'élite del calcio italiano è un'esperienza molto utile."

Quali obiettivi cerca di perseguire da allenatore?

"Come allenatore ho studiato l'Europa, compresa l'Italia, per cimentarmi in questo ruolo. Le esperienze fatte con Guardiola, Ancelotti e Emery mi hanno portato a una mia conclusione e idea di calcio: Il gruppo prima del singolo, il gioco di squadra, la costruzione del gioco dal basso, metodologia attraverso esercizi situazionali con giochi di collaborazione e  infine viene lo schema tattico adattandosi alle caratteristiche dei giocatori a disposizione, anche se come allenatore prediligo il 4-3-3."

domenica 7 agosto 2016

Calcio coi tacchi, 2^ puntata


CALCIO COI TACCHI: VALENTINA BERGAMASCHI

Di Stefano Bianchi- Ci sono persone che nascono con la voglia di vincere. Provano a dire a loro stessi: “Dai, con calma, gioca con gli altri e divertiti”, ma non ci riescono. Vogliono vincere, sempre e comunque, far vedere che son disposti a faticare il doppio degli altri per ottenere il risultato che vogliono. Sono predestinati.



Valentina Bergamaschi, classe 1997, è proprio così, sin dall’inizio all’FC Caravate, piccola società del varesotto che la accoglie quando ha solo 9 anni e che fa quello che può: non ha una sezione femminile, perciò la aggrega alla squadra maschile. Ma il posto gli va stretto: Valentina ha talento, tanto, e va valorizzato nelle sue categorie. Per questo nel 2011 passa all’Alto Verbano, società femminile di calcio dell’alto varesotto. Non una piazza importantissima, ma che comunque serve a Valentina per farsi le ossa e mettere in mostra ciò che sa fare. Da lì, la convocazione nella rappresentativa lombarda femminile al torneo di Chianciano del 2011 sembra quasi un passo obbligato. La rappresentativa lombarda arriva in finale, ed è proprio lì che scoppia la bomba Bergamaschi. Al 16’ dell’ultima frazione di gioco, parte in solitaria sulla destra e segna. Vince la Lombardia, Valentina viene notata e conseguentemente convocata ad uno stage nazionale a Coverciano, in previsione degli Europei femminili del 2014.
Agli Europei del 2014 andrà eccome, conquistando con le compagne il terzo posto. Da lì poi in Costa Rica, per giocarsi il titolo mondiale di categoria.



L’Alto Verbano indubbiamente ormai è troppo stretto, a fine Europei Valentina passa al Rapid Lugano, successivamente diventato Lugano 1976, dove conquista alla sua prima stagione la promozione nella massima serie femminile svizzera.

Ma la voglia di vincere di Valentina è insaziabile. Pochi mesi fa passa al FC Neunkirch, classificatasi seconda l’anno scorso e con molta voglia di rivalsa quest’anno.

 

Cosa significa per una ragazza giocare a calcio?

Significa esattamente lo stesso che per un ragazzo, niente di più né di meno.

 Credi che il calcio femminile italiano stia crescendo?  Cosa manca o cosa è meglio rispetto ad altri paesi?

Sinceramente non lo so. In teoria dovrebbe essere così ma i fatti parlano chiaro, il calcio femminile è troppo poco considerato ancora in Italia. C’è una mentalità ancora troppo legata all’idea che a calcio possano giocarci solo i ragazzi, così a calcio come in molti altri sport. All’estero la mentalità è diversa, per questo molte atlete cercano fortuna altrove piuttosto che in Italia.



Qual è stata l’esperienza calcistica (allenatore, squadra..) che maggiormente ti ha fatto maturare?

A mio parere calcisticamente ogni esperienza ti fa crescere, sicuramente tra quelle che di più hanno contribuito alla mia formazione c’è il mondiale in Costa Rica e quello che sto vivendo ora, lontana da casa.



Cosa ti aspetti dal tuo prossimo futuro, in Nazionale e nel Neunkirch?

In Nazionale per ora non lo so, spero un giorno di poter vestire la divisa della nazionale maggiore e raggiungere traguardi importanti. Futuro Neunkirch: vincere tutto quello che è possibile. La vittoria del campionato ci permetterebbe di accedere alla Champions League, ma naturalmente dobbiamo considerare che quest’anno abbiamo anche la Coppa di Svizzera da vincere… Vedremo!



Quale elemento contraddistingue secondo te il calcio femminile?

La passione e il sacrificio, perché molte ragazze non vengono pagate molto, perciò sono costrette a lavorare di giorno ed allenarsi di sera per continuare a giocare.


domenica 31 luglio 2016

Calcio coi tacchi, 1^ puntata

CALCIO COI TACCHI: EMANUELA BIANCO

Di Stefano Bianchi Emanuela Bianco, classe 1994, è nata due volte. La prima, fisica, avviene a Savigliano, cittadina abitata da poco più di 20.000 anime in provincia di Cuneo. La seconda, calcistica, avviene in un paese ancora più piccolo, Busca, sempre in provincia di Cuneo.
È lì, nel Busca Calcio 1920, che nasce la passione e la grinta di questa centrocampista ad oggi considerata una delle migliori nel panorama piemontese. La consacrazione però avviene nel 2008, quando Emanuela passa alla Musiello Saluzzo. 8 anni a lottare, a faticare e sudare per una sola ed unica maglia. Con lei indosso arrivano i primi risultati della fulgida carriera che si prospetta per Emanuela: il primo confronto con la serie B, il grande salto in A mancato per un soffio e la convocazione nella rappresentazione piemontese sono solo una goccia nel mare che sarà.
Poi, quest’anno, la rottura. Dopo 8 anni Emanuela e la Musiello Saluzzo si separano. Emanuela è senza squadra ora, pronta ad una nuova avventura, pronta a faticare, sudare e lottare ancora.
Abbiamo voluto iniziare così questa rubrica, intervistando Emanuela Bianco.

Cosa significa per una ragazza giocare a calcio?
Significa combattere contro i pregiudizi di un Italia non ancora al passo con i tempi. Magari essere l’unica bambina in una squadra di maschi, il fatto di non vivere lo spogliatoio e a volte sentirsi inferiore solo perché si è femmina. Tutto questo però con il tempo ti dà una forza maggiore, ti permette di non mollare e continuare a lottare per migliorarti sempre. 

Credi che il calcio femminile italiano stia crescendo?  Cosa manca o cosa è meglio rispetto ad altri paesi?
Vedo molte più bambine avvicinarsi a questo sport. Quando ho iniziato io nella squadra del mio paese, il Busca, ero l’unica femmina ora invece ce ne sono di più. In questi ultimi anni la gente ha imparato a conoscere anche il calcio femminile però ci sono ancora troppi pregiudizi. Sono troppe le differenze dalle altre nazioni: seguo sui social calciatrici che giocano in Francia, Spagna, Germania per non parlare degli Stati Uniti, là è tutto un altro mondo.

Qual è stata l’esperienza calcistica (allenatore, squadra..) che maggiormente ti ha fatto maturare?
Ho giocato 8 anni con la stessa maglia, quella della Musiello Saluzzo, dopo le stagioni passate in serie C finalmente negli ultimi due anni ho potuto confrontarmi con il campionato di serie B. Queste ultime due stagioni penso siano quelle che mi abbiano fatto crescere maggiormente sia dal punto di vista umano che da quello calcistico. Devo ringraziare in primis le mie compagne con cui ho condiviso emozioni uniche e poi i mister Roberto Panigari e Patrick Geninatti Chiolero che hanno saputo stimolarmi permettendomi di dare sempre il 100%.
Non voglio però dimenticare i due titoli vinti nel 2010 e nel 2011 con la rappresentativa piemontese dove ho segnato in entrambe le finali, ci sono emozioni che non si dimenticano facilmente.

L’ultimo anno alla Musiello Saluzzo è stato pieno di gioie e dolori, come lo descriveresti? Cosa ti porti dietro da quest’ultima stagione?Penso sia impossibile descrivere a parole le emozioni provate quest’anno. Dopo un ottimo inizio abbiamo avuto un periodo di difficoltà però da grande squadra abbiamo saputo reagire e concludere il campionato alla grande. Abbiamo eguagliato il terzo posto dell’anno precedente e si sa che ripetersi non è mai facile. Ho conosciuto persone stupende e so che continueremo a sentirci anche se non giocheremo più insieme. Ho avuto l’onore di giocare in un vero gruppo prima che una grande squadra, mi dispiace che sia finito tutto senza un vero e proprio motivo.
Quale elemento contraddistingue maggiormente il calcio femminile?
Sembra banale ma l’elemento chiave è la passione. Se una ragazza ha deciso di giocare a calcio e quindi lottare contro i pregiudizi è sicuro che non si farà fermare da qualche allenamento un po’ più faticoso. Bisogna ammettere che il gioco è più lento rispetto a quello maschile ma questo è fisiologico, la stessa cosa avviene nella pallavolo o nel tennis. Ho avuto il piacere di vedere allo stadio la finale di Champions League femminile e sinceramente mi è piaciuta di più rispetto a quella maschile. Le squadre si sono affrontate a viso aperto, senza tanti tatticismi.

Secondo te cosa servirebbe cambiare per migliorare questo sport?
Ci vorrebbe un po’ più di forza di volontà. Trovo che si facciano tante parole e pochi fatti. Bisognerebbe cercare di dare maggiore visibilità al campionato di serie A e alla nazionale tramite televisioni e giornali. Una buona idea sarebbe introdurre le figurine delle ragazze nella collezione Panini così che i bambini imparino a conoscere i nomi e i volti delle calciatrici.
Per fare un esempio pratico: stasera ci sarà la finale dell’europeo under 19 (in diretta su Rai 3) mentre qualche anno fa per la nazionale under 17 femminile che è arrivata terza al mondiale di categoria non si è fatto altrettanto, la partita è stata trasmessa da Rai Sport ma non c’è stata la stessa pubblicizzazione su giornali e social. 

venerdì 29 luglio 2016

A piccoli calci, 5^ puntata


Il nostro percorso attraverso il mondo delle scuole calcio continua e nella puntata di oggi fa tappa nuovamente in provincia di Varese, presso l’ASD Uboldese Calcio. Ci inoltriamo ora all’interno dei suoi ambienti giovanili grazie al contributo di un ragazzo preparato e competente, già noto ai nostri microfoni, Stefano Truzzi.

Il suo iter da allenatore inizia nell’annata 2014/2015, quando la società lo incarica di allenare la categoria degli Esordienti Misti (classi 2002, 2003, 2004), con la quale inizia a fare esperienza e a mettere in pratica i primi allenamenti. Successivamente nella passata stagione viene posto alla guida dei Pulcini 2007, diventando a tutti gli effetti mister della scuola calcio rossonera.

Sin dall’inizio la sua filosofia personale è stata: <<Sapere, saper fare e saper far fare>> cercando in tal modo di raggiungere al meglio i suoi obiettivi, ricercando una crescita costante dei suoi bambini sia da un punto di vista tecnico che da quello comportamentale. In tal senso <<Noi cerchiamo di far crescere i ragazzi da un punto di vista comportamentale, abituandoli a tenere il giusto atteggiamento e responsabilizzandoli anche nelle cose più piccole>>.  Dunque gli obiettivi sono chiari: per prima cosa il gruppo, per seconda il comportamento, per terza il divertimento e per ultima, ma non ultima, l’aspetto tecnico-atletico che rappresenta il fulcro del lavoro quotidiano di ogni allenamento.  Secondo il mister varesino, dunque, per i suoi bambini la cosa più importante è l’integrazione all’interno dello spogliatoio, componente che lui ritiene fondamentale nella crescita caratteriale di ogni singolo ragazzo. Mentre per lui e il suo staff l’aspetto più importante da raggiungere è <<riuscire a coinvolgere i bambini in tutto quello che si fa, entrando in sintonia con il gruppo e diventando parte di esso, in modo da essere seguito, ascoltato e soprattutto capito>>. 

Riguardo all’organizzazione dei suoi allenamenti ha dichiarato che il suo lavoro si basa principalmente sulle direttive che la Federcalcio consiglia ad ogni giovane allenatore e sulle proprie competenze personali derivanti dai suoi studi in Scienze Motorie e dalle sue esperienze di calciatore. Non a caso <<la FIGC consiglia di svolgere verifiche di ciò che si è appreso alla termine di ogni ciclo di allenamenti per tenere sempre monitorati i ragazzi e per avere sempre un quadro generale sull’efficacia e sui risultati del proprio lavoro. Diversamente si rischia non raggiungere alcun tipo di risultato e senza una giusta propedeutica nella modalità degli esercizi si rischia di far male ai piccoli>>.

In tutto questo la società è sempre presente e molto vicina all’equìpe degli allenatori e al gruppo dei bambini, dimostrando grande attenzione e interesse per il suo settore giovanile sul quale ha puntato molto di recente, investendo considerevoli somme di denaro. La realizzazione del nuovissimo campo sintetico a 11 e una molteplicità di altre strutture tecniche in e outdoor permette a tutte le squadre di potersi allenare nel modo più proficuo e lineare possibile. In definitiva ci troviamo davanti ad una società con un settore giovanile in espansione che non esclude la possibilità di poter veder nascere tra qualche anno anche una sezione femminile, viste le recenti iscrizioni in aumento da parte di piccole bambine per la categoria Pulcini.

Infine Stefano ci ha raccontato le sue prime impressioni legate a questo nuovo ruolo che ha intrapreso da ormai due anni. A proposito del primo anno ha detto: <<Sono stato catapultato in questa nuova avventura e non è stato facile. Però già dall’anno successivo ho avuto sensazioni diverse, riuscendo ad avere sempre di più la situazione in pugno e a lavorare in modo più lineare conducendo gli allenamenti con le mie idee e con le mie direttive. Ho lavorato molto sulla coordinazione, sul gruppo e dopo un anno con questi ragazzi penso ritenermi in parte molto soddisfatto avendo raggiunto gran parte dei miei obiettivi>>. Ci ha parlato anche del ruolo che ricopre, che ha definito né troppo facile né troppo difficile ma estremamente delicato. Occorre molta pazienza, costanza e determinazione e solo attraverso queste componenti si può arrivare ad ottenere ottimi risultati e buone soddisfazioni. In conclusione ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto ad intraprendere questo ruolo: <<Ho scelto la scuola calcio perché, secondo me, per diventare un buon allenatore bisogna fare esperienza partendo dal basso, in particolare dai bambini. Ti insegnano e ti mettono alla prova ogni giorno con problematiche di ogni tipo che non avrei mai pensato di incontrare in questo sport. Quando vedo però i risultati, dopo mesi di lavoro, mi riempio di gioia e vengo ripagato di tutti gli sforzi fatti>>. 

martedì 26 luglio 2016

Tre domande a... Matteo Nicoli

Quella di oggi è una di quelle storie che ci fanno capire in che misura il divertimento sia una delle motivazioni più importanti per i dilettanti, che in questo modo riescono a nutrire partita dopo partita la loro passione verso questo sport in modo del tutto disinteressato.

Matteo Nicoli, attaccante classe '95 di proprietà dell'ASD Colombaro, è un chiaro esempio di quanto l'aspetto ludico sia significativo a livello motivazionale in queste categorie. Non a caso nel corso della passata stagione, Matteo è stato vittima di un bruttissimo infortunio, rimediato durante una partita di campionato, a seguito del quale si ritrova dinnanzi ad un lunghissimo stop a causa della rottura di tibia e perone. La lontananza dal campo, dalla squadra e dai campi di allenamento avrebbe potuto distruggerlo psicologicamente se non avesse continuato a nutrire la sua grande passione sportiva, che recentemente ha tramutato in  grandissima voglia di riscatto durante gli allenamenti di riabilitazione. Il giovane attaccante dalla prossima stagione militerà in prima squadra a tutti gli effetti, andando a disputare il campionato di Prima Categoria, dove avrà l'occasione, finalmente, di dimostrare davanti a tutti le sue qualità e la sua grande voglia di rivalsa.
Dopo questo tragico evento è con molta gioia che ci annuncia il suo passaggio definitivo tra i "grandi", dopo 2 anni da quando lo avevano cominciato ad aggregare al gruppo della  prima. Questa grandissima soddisfazione è stata raggiunta con tanto impegno, moltissimo lavoro e grande gioia per quello che si fa.

Tra pochi mesi ricomincerà il campionato e lui si ritroverà di nuovo intorno al cerchio di centrocampo in attesa del fischio d'inizio assieme a tutti i suoi compagni per ricominciare un'altra grande avventura all'insegna dello sport.


Dopo questo lungo stop torni a calcare il terreno di gioco, pensi di ritornare in gran forma?

"Le mie intenzioni sono quelle di ritornare il più presto possibile in condizione per essere a disposizione del mister come prima. Lavorerò molto per raggiungere questo obiettivo importantissimo e spero di ritornare senza alcun blocco fisico né psicologico."

Dalla prossima stagione giocherai in Prima Categoria, essere in pianta stabile nella rosa della prima squadra ti spaventa o per te sarà un presa di responsabilità?

"Non mi spaventa perché è già da due anni che sono aggregato al gruppo della prima e mi sono sempre trovato molto a mio agio. Credo sia anche una presa di responsabilità perché essendo uno dei pochi giovani dovrò lavorare molto per diventare un titolare fisso."

Cosa ti motiva maggiormente in questo momento?

"Sicuramente la voglia di ritornare sul campo di gioco, perché dopo un anno di stop la voglia è davvero tanta. Spero di tornare più forte di prima e di riuscire a guadagnarmi un posto in squadra."

venerdì 15 luglio 2016

A piccoli calci, 4^ puntata

<<Credo che quando si ha a che fare con bambini e bambine, l’obiettivo principale sia quella di muoversi insieme ad altri coetanei per raggiungere obiettivi comuni, divertendosi. Questa è la nostra più grande preoccupazione, poiché il divertimento è in cima alla lista dei nostri obiettivi. Solo in un secondo momento si inizierà a guardare all'aspetto coordinativo, tecnico e tattico.>> afferma Simone Smeraglia, allenatore della scuola calcio dell'UP Gavirate Calcio, presentando la politica societaria riguardo la crescita degli atleti più piccoli. 
Proprio questa società negli ultimi anni si è concentrata sempre di più sul settore giovanile e sullo sviluppo della scuola calcio, perché, come dichiarato dallo stesso Simone, <<Una grande società che si rispetti, parte soprattutto dalle categorie inferiori, poiché senza basi non si costruisce nulla.>>, a dimostrazione delle strettissima collaborazione tra lo staff tecnico e l'equipe dirigenziale, che da anni stanno portando avanti un progetto coerente e coeso verso un fine comune. 

Personalmente Simone ha deciso di raccontarci le motivazioni che lo hanno condotto alla guida di questa squadra confessando ai nostri microfoni di aver iniziato questa nuova avventura per mettersi in gioco all'interno di un' esperienza completamente nuova per lui, nella quale non contasse solo ed esclusivamente il risultato sportivo, ma anche un grande impegno educativo. In proposito ha detto: <<Ho scelto la scuola calcio perché volevo mettermi in gioco, soprattutto con dei bambini piccoli, dove bisogna avere tanta pazienza e dove occorre saper motivare i piccoli a fare sempre meglio. Sono contentissimo della scelta fatta. Per questo motivo ringrazio la società UP Gavirate Calcio per avermi dato la possibilità di affrontare al meglio questa "avventura". In tutto questo, collaboro con un Grande Allenatore, Edoardo Della Torre, compagno di squadra e amico da ormai moltissimi anni.>>. 



Dopo aver brevemente inquadrato l'ambiente in cui lavorano i due allenatori, adesso passiamo alla parte più strettamente tecnica legata all'allenamento e all'organizzazione del lavoro. Solitamente gli allenamenti vengono organizzati a partire da un leggero riscaldamento, seguito da un richiamo tecnico, concentrato prevalentemente su esercizi di conduzione del pallone, ed esercizi situazionali, simulanti le azioni di gioco che si possono riscontrare durante una qualsiasi partita. In conclusione viene effettuata una piccola sessione di tiri in porta e una breve partitella nei minuti finali. A livello educativo c'è da sottolineare la volontà degli allenatori di non permettere ai piccoli di rientrare negli spogliatoi prima di aver raccolto insieme tutto il materiale tecnico che è stato utilizzato nel corso dell'allenamento.
Il lavoro che settimanalmente gli allenatori portano avanti è supervisionato da Christian Genovesi, il quale propone periodicamente dei programmi trimestrali grazie ai quali è possibile monitorare la crescita tecnica e atletica dei giovani calciatori.

Impegno, costanza e divertimento sono gli ingredienti fondamentali per questa scuola calcio, che di anno in anno cerca di portare avanti progetti sempre aggiornati e ricchi di nuovi spunti per ottenere sempre il risultato sperato ovvero il sorriso di tutti i bambini, come testimoniato dall'allenatore varesino: <<Se un bambino durante la seduta di allenamento non si diverte, per l'allenatore, a parer mio, e' una sconfitta. I bambini devono arrivare al campo con la voglia di imparare e apprendere tornando a casa con un sorriso gigantesco>>.


martedì 12 luglio 2016

Tre domande a... Bob Fantazzi

Dopo tanti anni passati a cavallo tra il modo dilettantistico e quello dei professionisti, a fine carriera Bob arriva alla Rosselli Mutina. Subito dopo i primi 3 anni di contratto, a causa di un infortunio grave decide di appendere le scarpette al chiodo e di lasciare il calcio giocato a favore della proposta dell'allora presidente Alberici, il quale gli chiese la disponibilità ad aiutarlo a formare la squadra per l'anno successivo, da qui ha inizio la sua carriera da dirigente nella squadra modenese. << Essere alla Rosselli, una delle società più ambiziose della città, è la situazione ideale. Spero di ricambiare la fiducia che mia hanno dato e di svolgere il mio lavoro al meglio>> ha dichiarato ai nostri microfoni parlando del suo lavoro e dell'ambiente in cui ogni anno opera per raggiungere i migliori risultati.

Da tempo si occupa, insieme ai vertici societari, di guidare la campagna acquisti al fine di ottenere, stagione dopo stagione, uno spogliatoio sempre più competitivo per arrivare al salto di qualità e al raggiungimento del tanto ambito obiettivo Eccellenza.
La scalata al campionato di Promozione è cominciata già nella scorsa stagione, dove non sono riusciti purtroppo a centrare il loro obiettivo stagionale a causa di <<problemi sia sotto l'aspetto tecnico che societario>> costringendoli ad una complicatissima salvezza. 
Di conseguenza fin dai primi giorni di mercato il DS ha cercato di assicurarsi ottimi rinforzi in vista della prossima stagione. Sono arrivati ragazzi molto interessanti: per il centrocampo Girotti e Modica, dal Crevalcore, Ricaldone e Prandi, dalla Solierese. Bomber Pecorari e Azzouzi per l'attacco e infine, un grande rinforzo in difesa, dal neopromosso Castelvetro arriva Tammaro con la sua grande esperienza. Insomma il neo-allenatore, mister Claudio Nannini, avrà moltissime frecce al suo arco per centrare l'obiettivo finale.

I propositi e le ambizioni ci sono, con questa qualità nella rosa e una buona organizzazione per la Rosselli Mutina l'obiettivo promozione può davvero diventare una solida realtà. 


 (Bob Fantazzi durante la trasmissione televisiva "Dilettanti a chi?" di Tommaso Turci) 



Dopo questa salvezza, come commenti il vostro rendimento stagionale?

"L'anno scorso era per noi il primo anno in un campionato importante come la Promozione. All'inizio della stagione c'era molto entusiasmo e siamo partiti molto bene. Purtroppo durante il corso della stagione le cose non sono andate come speravamo e abbiamo avuto dei problemi sia sotto l'aspetto tecnico, a causa di infortuni e squalifiche, che societario e non siamo riusciti ad ottenere i risultati che ci eravamo prefissati e che avevamo valutato alla nostra altezza."

Pensi che il campionato di Promozione sia la categoria giusta per inaugurare un progetto rivolto ai giovani?

"Si, penso che sia già un campionato importante, in grado di far crescere i giovani senza un impegno eccessivo, diversamente da quanto richiesto in ben altre categorie."

Dalla prossima stagione cosa ti aspetti?

"Dalla prossima stagione mi aspetto una crescita societaria importante. Abbiamo fatto molti cambiamenti tecnici all'interno della rosa e dello staff. La priorità, è riuscire a formare un gruppo coeso che ci permetta di affrontare i periodi difficili. Sotto l'aspetto sportivo sono abituato a partire con un profilo basso, ci sono sicuramente molte squadre che si sono rinforzate e che puntano ai vertici della classifica. Noi, per quello che ho detto prima, siamo una squadra tutta da scoprire."

venerdì 1 luglio 2016

A piccoli calci, 3^ puntata

La filosofia della scuola calcio del Modena F.C. è molto chiara e diretta, il messaggio è molto semplice e comprensibile da tutti, soprattutto deve esserlo per i bambini, i quali hanno la possibilità, fin dai primi anni, di capire il vero spirito di questo sport.

Ci caliamo ora in questa piccola, ma allo stesso tempo grande, realtà grazie all'intervento di Dante Gozzi, giovane allenatore dei Pulcini 2007, il quale ci ha raccontato le sue esperienze e la sua prima stagione da allenatore. 
Dante arriva a Modena grazie al tirocinio offerto dalla sua facoltà di studi (Scienze Motorie), che gli permette di inserirsi in questo ambiente per la prima volta. Mese dopo mese questa esperienza lo coinvolge sempre di più, ponendolo difronte a nuove sfide e a nuove situazioni che di certo non hanno fatto altro che arricchirlo sia a livello personale che professionale. Viene assegnato insieme ad un suo collega ai Pulcini e la sua avventura ha inizio.
I primi tempi per lui non sono stati semplici, ma dopo un primo momento riesce ad entrare a tutti gli effetti nei meccanismi del mestiere, dalla preparazione degli allenamenti, passando per le partite del weekend fino alla gestione del gruppo.

I due allenatori si trovano davanti un gruppo di 24 bambini, i quali vengono sottoposti a 2 allenamenti settimanali da 90 minuti l'uno e a 2 partite, una disputata a metà settimana mentre l'altra nel fine settimana. Il lavoro è molto impostato grazie alla coordinazione tra la società e gli allenatori, i quali cercano sempre di essere in linea sulle modalità e sullo svolgimento degli allenamenti. Solitamente i bambini sono chiamati a svolgere 4 esercizi di riscaldamento, seguiti da alcuni esercizi di tecnica, per allenare il tiro e il passaggio, e un gioco coordinativo. Segue un esercizio situazionale, ai fini di simulare le possibili situazioni di gioco in  partita. In conclusione troviamo la classica partitella. Tutto ciò fa parte di un accurato sistema mensile predisposto al monitoraggio periodico dei piccoli, in modo da avere sempre un quadro completo sulla crescita tecnica e atletica dei ragazzi. Non a caso l'aspetto selettivo è di fondamentale importanza per questa società che punta tantissimo sulla costruzione di un settore giovanile competitivo.


La parte educativa non è affatto esclusa da tutto il resto, anzi è una delle cose fondamentali e incluse negli obiettivi da perseguire. Dagli allenatori ci si aspetta sempre grande impegno e serietà nella gestione dello spogliatoio, mentre dai ragazzi la cosa più richiesta è l'impegno durante la fase di allenamento. Lo spirito di squadra e il rispetto per ogni componente di essa è la cosa a cui la società e il team dei mister tiene di più affinché nasca un gruppo unito e coeso in grado di poter affrontare qualsiasi situazione. Per quanto riguarda il rapporto con i genitori, il Modena Calcio si avvale della figura di un' antropologa, la quale ha il compito di mediare e di risolvere qualsiasi problema venga posto. In questo modo si cerca di preservare l'ambiente di lavoro di tutta la squadra garantendo un ambiente il più possibile tranquillo e distaccato da ogni tipo di pressione.

martedì 28 giugno 2016

Tre domande a... Nicola Monelli

Il calcio dilettantistico è uno sport stravagante, vario e molto imprevedibile. Gli stimoli non sono tanti per questi coraggiosi calciatori, specialmente a livello economico, dalla Terza Categoria fin su alla Serie D, per cui questi si aggrappano a ben altre motivazioni come la grinta e la passione. Non a caso l'ospite odierno ai nostri microfoni ha detto che <<le cose più importanti nel calcio dei dilettanti sono la grinta e la passione di chi ha più voglia di arrivare per primo sul pallone e di chi ha più voglia di vincere, la tecnica in queste categorie non è tutto.>>.
Nicola sa bene di cosa sta parlando, viene lanciato per la prima volta tra i più grandi nel 2014, in un match di Serie D contro la Massese, da mister Melotti. A Formigine fa esperienze molto importanti, partecipa in prima persona alle 2 recenti retrocessioni dirette e impara a giocare a livelli importanti confrontandosi con ottimi avversari. Dell'umiltà e dello spirito di adattamento ne ha fatto la sua forza sacrificandosi spesso per la squadra e imparando a giocare in moltissimi ruoli diversi. Proprio questa sua grande duttilità, unita alle sue indubbie qualità tecniche, gli è valsa la fiducia della società e un posto fisso nella rosa della prima squadra. 
Ci ha raccontato le sue esperienze, i suoi timori e cosa significhi essere un giovane in situazioni molto delicate, facendo trasparire anche un pizzico di emozione e di amarezza per quanto è successo nelle ultime 2 stagioni. Il carattere e la giovane età lo hanno aiutato a mantenere la passione e la speranza per il futuro suo e dei suoi compagni, non escludendo anche la possibilità di poter andare via. Ora però non perdiamoci in improbabili speculazioni di calciomercato, ma lasciamo spazio alle sue dichiarazioni.


Secondo te cosa è fondamentale per un giovane che aspira a giocare in Eccellenza?

"Secondo me sicuramente lo spirito di adattamento, io in 2 anni ho fatto 4 ruoli diversi perché essendo giovane non sempre ti collocano nel ruolo che vorresti. Terzino e esterno sono i ruoli più frequenti anche se dipende sempre da che compagni di squadra hai difronte."

Questa retrocessione cosa ha significato per voi, forse la fine di un vecchio percorso?

"Questa è la seconda consecutiva in appena 2 stagioni. La prima poteva anche starci perché comunque il livello della Serie D si è alzato da quando la Lega Pro è diventata a girone unico e ti ritrovavi a giocare contro squadre con organici molto importanti che possedevano giocatori come Ricchiuti o Bernacci, tutti ex-calciatori professionisti. Formigine dalla sua non è una piazza come Rimini e non è riuscita sempre ad avere una rosa all'altezza. Quest'anno invece eravamo un squadra davvero molto giovane e abbiamo peccato di inesperienza."

La Promozione tra i campionati dilettantistici è quello più aperto ai giovani, ti aspetti di trovare più spazio?

"Personalmente non lo conosco molto, penso sia un campionato sicuramente meno tecnico e più "maschio" dove emergeranno molto di più le individualità. In ogni caso credo di trovare più spazio."

venerdì 24 giugno 2016

A piccoli calci, 2^ puntata

<<Lavorare bene o male a livello tecnico e coordinativo segnerà per sempre il proseguo agonistico di ogni bambino>>, con queste parole Gianluca Ciuffreda, responsabile del settore giovanile presso la United Carpi, ha chiaramente espresso la grande attenzione della sua società verso il <<cuore pulsante di ogni settore giovanile>>, come da lui stesso dichiarato riferendosi alla Scuola Calcio. A parere suo e anche degli allenatori, gli anni della Scuola Calcio sono quelli più importanti perché <<si ha la possibilità di creare la giusta mentalità di squadra e si stimola il senso di appartenenza, elementi importantissimi nel momento in cui i nostri ragazzi raggiungeranno la prima squadra>>.


Come testimoniato da Giuseppe Ricci, secondo allenatore degli Esordienti 2005, gli obiettivi perseguiti sono principalmente l'insegnamento dei fondamentali, per agevolare i bambini nella crescita tecnica all'interno del settore giovanile. Gli esercizi che vengono applicati maggiormente riguardano soprattutto la <<conduzione della palla e il modo di calciare>> con l'obiettivo di crescere giocatori all'altezza di un calcio sempre più tecnico e veloce. Un altro elemento importantissimo nell'organizzazione del lavoro è la divisione in gruppi dei piccoli, che tempestivamente vengono monitorati da vicino durante l'attività sportiva dagli allenatori, i quali sono soliti avere progetti e schede di allenamento condivise in modo da portare avanti un allenamento coerente e sempre in linea con gli obiettivi societari. Grazie a questa divisione del lavoro è stato possibile perseguire un altro grande traguardo cioè l'insegnamento di qualche fondamento di tattica attraverso piccole partitelle a tema. 
L'aspetto educativo non è affatto trascurato, come detto da Ciufferda, << si cerca sempre di costruire un rapporto di fiducia con i ragazzi, che ci permetta di praticare ogni esercizio con la massima attenzione e con il massimo impegno>> in modo da costruire un ambiente tranquillo, nel quale prevalgano l'amicizia e il rispetto verso i compagni, l'avversario e il materiale utilizzato.
Ricci inoltre ha tenuto a precisare come la società sia  stata sempre molto accorta nel dialogo con i genitori al fine di evitare situazioni spiacevoli e poco adatte all'ambiente in cui gli allenatori vanno ad operare.

Gli obiettivi societari dunque sono molto chiari: portare avanti una crescita costante dei giovani e costruire una prima squadra che abbia un' età media al di sotto dei 25 anni con giocatori provenienti dal proprio vivaio. Questa è la filosofia adottata dalla United Carpi, società molto giovane, nata appena 4 anni fa, ma che ha già sviluppato un'ottima organizzazione societaria e una buona offerta formativa per i piccoli atleti che si accingono ad entrare nel mondo del pallone.

martedì 21 giugno 2016

Tre domande a... Simone Pavan

Il suo nome rievoca tempi molto belli per la città di Modena: La Serie A, la "Longobarda" di Gianni De Biasi, momenti molto lontani e dal sapore decisamente diverso rispetto alla Lega Pro e a tutte le vicende legate ad Antonio Caliendo. Dalle prime partite in Serie A con la casacca della Dea arrivando agli anni di Livorno, Simone è sempre stato un ragazzo abituato a calcare i massimi campionati italiani, da sempre all'insegna dell'impegno e di una mentalità vincente, che ha conservato tutt'ora da allenatore.

La sua carriera da tecnico inizia nella stagione 2012/2013 a Portogruaro allenando la categoria Allievi Nazionali, dopo appena un anno fa ritorno in terra emiliana mettendosi alla guida degli Allievi Nazionali canarini. Proprio a Modena lo scorso primo Marzo, insieme a Mauro Melotti, a seguito dell'esonero di Walter Novellino, prende le redini della prima squadra guidandola ad una salvezza insperata. A seguito dell'esito positivo dei Play-out, da cui i gialli di Pavan escono vincitori a discapito dei liguri della Virtus Entella, Simone non viene riconfermato insieme a Melotti alla guida del Modena, ma viene posto a capo della formazione Primavera.
Organizzazione, gestione e responsabilità sono le parole che ha usato per far capire quanto ormai la sua mentalità sia definitivamente passata da quella di giocatore a quella di allenatore. Ai nostri microfoni ha fatto capire quanto sia diverso lavorare con una  squadra Primavera rispetto ad una prima squadra, a partire dall'esperienza dei giocatori, illustrandoci le varie difficoltà del mestiere.

In conclusione ci ha raccontato le sue aspirazioni per il futuro prossimo, non negando una certa voglia di emergere e di poter accedere a panchine del mondo professionistico. <<Il percorso è lungo e faticoso fatto di tanta gavetta e tante batoste... Sto studiando e lavorando tanto per raggiungere l'occasione giusta per diventare un allenatore stimato e vincente!>> ha dichiarato, mettendo subito in chiaro le sue volontà e il suo grande entusiasmo per questo mestiere, riallacciandosi a quella mentalità vincente che lo ha caratterizzato quando ancora era un calciatore. 


Cosa significa allenare per lei?

"Significa dare continuità alla mia grande passione, adesso con più responsabilità, con senso gestionale e con capacità organizzative. Tutte piccole sfide che voglio affrontare e vincere con fame e determinazione per raggiungere i miei obiettivi."

Quali differenze ha trovato nell'allenare squadre giovanili e una prima squadra, militante in Serie B?

"Con i ragazzi devi lavorare per farli diventare grandi, li devi responsabilizzare e cerchi fargli capire il senso di appartenenza, la cultura del lavoro e il rispetto, insomma li avvicini a ragionare da professionisti. I più grandi invece hanno già tutte queste caratteristiche, bisogna solo entrare nella loro testa e stimolarli per far rendere queste caratteristiche al massimo."

Cosa crede che trasmetta ai suoi ragazzi un'esperienza come il Trofeo Sassi?

"La consapevolezza di credere fortemente nei propri mezzi, di sapere che il singolo non è mai più importante dello spirito di squadra e che con il sacrificio, la tenacia, il coraggio e la fame si possono raggiungere obiettivi inimmaginabili."

venerdì 17 giugno 2016

A piccoli calci, 1^ puntata

Jorge Luis Borges una volta disse: <<Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì rinasce la storia del calcio.>>, nulla di più vero. Infatti non basta partire dai giovani per costruire squadre vincenti e per ammirare grandi campioni, bisogna partire dai bambini. Nella vita, come nel calcio, si impara gradualmente: il bambino prima di riuscire a correre deve imparare a stare in piedi e a camminare mantenendo l'equilibrio. Niente capita per caso, soprattutto nel calcio, dove per vincere serve, oltre al vile denaro, programmazione e tanto lavoro negli allenamenti a qualsiasi livello. Ultimamente si sente parlare tanto di problemi legati alla nazionale, di cambio generazionale, ma per arrivare ai grandi successi e ai grandi giocatori bisogna partire dal basso, bisogna ritornare alle radici. Benvenuti nel mondo della Scuola Calcio.

Essere allenatori di una scuola calcio non è cosa da tutti, è necessario avere pazienza, autorità, carisma e decisione nelle piccole questioni da risolvere. L'allenatore deve essere in grado prima di educare poi di insegnare a giocare a football, perché lo sport è anche questo, rispetto.
Detto questo però la parte tecnica non è affatto trascurabile, i bambini devono essere guidati in una graduale crescita sportiva sviluppando dapprima l'aspetto tecnico e solo in un seguito qualche accenno all'aspetto tattico.
Per l'occasione l'ASD Lavena Tresiana ci ha aperto le porte e ci ha fatto conoscere da vicino un allenamento dei Pulcini, guidati dai due allenatori Emanuele Vit e Marco Legnani. I due ci hanno dato la possibilità di assistere ad un allenamento "tipo", nel quale abbiamo potuto osservare il loro operato, dall'arrivo all'impianto sportivo fino alla partitella passando per tutti i vari esercizi a gruppi.


A seguito dell'allenamento durato circa un'ora e mezza, i due mister ci hanno raccontato le loro esperienze e impressioni riguardo al loro lavoro, con riferimenti precisi anche alle piccole competizioni provinciali, alle quali hanno partecipato con i loro ragazzi.
Entrambi sono molto attenti alla parte educativa, credono profondamente nel rispetto verso i compagni e l'avversario e non perdono occasione per cercare di trasmetterlo anche ai loro piccoli calciatori. La dirigenza, come dichiarato da Vit, <<è sempre molto presente e vicina a tutto il settore giovanile>> , l'attenzione della società è concentrata principalmente sulla <<crescita dei nostri giovani e sul loro sviluppo atletico>>, dice Legnani, ricordando come il risultato conti solo in un secondo momento.
Il rapporto con i genitori è un nodo molto importante nella gestione di un settore giovanile e non è sempre stato facile anche se la società è sempre riuscita a mantenere gli animi calmi mettendo subito le cose in chiaro grazie al prezioso operato del DS Nicola Mastromarino, uomo dalla grande esperienza e da un passato nel Lugano FC, è coordinatore degli allenatori e ambasciatore della società nelle relazioni pubbliche con i genitori dei piccoli.

In conclusone Vit ha espresso, a nome di tutto il team, grande gioia e soddisfazione per i risultati raggiunti e per la presenza di una società sempre più in crescita, annunciando un possibile aumento degli iscritti nella prossima stagione, a dimostrazione di come il lavoro suo e di Marco abbia portato i suoi frutti.


martedì 14 giugno 2016

Tre domande a... Matteo Simonetto

<<Come diceva sempre mio padre, "quando si apre una porta, si spalanca un portone", mi auguro che la mia avventura qui a Varese possa continuare per il meglio.>>. Queste le parole del difensore classe '96, Matteo Simonetto, che esprime tutta la sua gioia per essere riuscito ad arrivare a vestire la maglia della prima squadra. Varese per lui significa davvero tanto, <<per me è come una seconda famiglia>>, ha confessato ai nostri microfoni, <<sono qui da 9 anni, mi hanno selezionato quando ero poco più che un ragazzino e ora è diventata la mia casa>>. Come ovvio, il meritato successo di questa stagione per un ragazzo della provincia molto attaccato alla maglia, vale doppio e ha sancito il suo definitivo "battesimo" tra i semi-professionisti, dato che dall'anno prossimo i biancorossi militeranno nel campionato di Serie D.
Matteo ci ha raccontato le sue esperienze personali e le sue impressioni legate al campionato e alla categoria. Con molto umiltà ha dichiarato che <<nonostante le statistiche non lo dimostrino, per noi non è stato affatto facile affrontare l'Eccellenza, abbiamo avuto molte pressioni ed eravamo sempre chiamati a fare il risultato. Inoltre le squadre dilettantistiche non sono da sottovalutare assolutamente, spesso trovano risorse incredibili che vanno al di là delle specifiche doti tecniche e atletiche.>> a dimostrazione di come lui e suoi compagni si siano dovuti meritare fino in fondo la meritatissima promozione.
Non a caso la sua stagione non è stata priva anche di nuove sfide e piccole difficoltà personali, legate alla giovane età che talvolta lo ha portato a sentire parecchio il peso della maglia che indossa. A soli 20 anni, alla prima esperienza in prima, è normale avvertire non solo il salto di qualità dai campionati giovanili, ma anche la grande tensione legata ai risultati che una piazza storica come Varese non solo aspetta ma soprattutto pretende. Nonostante ciò Matteo ha saputo reggere lo scotto e si appresta a cominciare la decima stagione in maglia biancorossa voglioso di fare bene e di mettere in mostra le sue ottime qualità.


Secondo te la rinascita del Varese è partita dai giovani?

"Secondo me sono stati un elemento fondamentale, forse dare tutto il merito a loro sarebbe eccessivo, ma credo siano un ottimo punto da cui ripartire anche nella prossima stagione."

Sei alle tue prime esperienze in prima squadra, come giudichi la tua stagione?

"Credo che sia stata positiva perché quando sono stato chiamato in causa penso di aver sempre fatto bene e di aver dimostrato di meritarmi un posto in squadra. Proprio per questo speravo di poter giocare di più e di trovare più spazio, ma nonostante questo non ho grossi rimpianti, anzi sono motivato ancora di più a migliorarmi a partire dagli allenamenti."  

Le statistiche indicano che avete dominato la categoria, da dove deriva tanta sicurezza in una squadra con molti giovani?

"Secondo me la cosa fondamentale è stato il gruppo, talmente unito da sembrare un famiglia. Tutti ci hanno sempre dati come i favoriti e le aspettative erano sempre molto alte. Nonostante le statistiche non lo dimostrino, per noi non è stato affatto facile affrontare l'Eccellenza, abbiamo avuto molte pressioni ed eravamo sempre chiamati a fare il risultato. Inoltre le squadre dilettantistiche non sono da sottovalutare assolutamente, spesso trovano risorse incredibili che vanno al di là delle specifiche doti tecniche e atletiche."

martedì 7 giugno 2016

Tre domande a... Andrea Rubiolo

Alla domanda "Cosa ti ha colpito così tanto del calcio femminile da entrare in questo mondo a 360 gradi?" la risposta è stata pronta e decisa: << La spontaneità delle ragazze in primis e la passione che ci mettono senza neanche pensare ad un eventuale rimborso. Lavorando nel mondo del calcio come giornalista ho sentito e visto cose pazzesche anche nelle categorie più infime, vedere che c'è anche un rovescio della medaglia pulito mi ha veramente entusiasmato.>>  a testimonianza di come il calcio femminile abbia tanto da insegnare alla compagine maschile. Le motivazioni che dunque hanno spinto Andrea ad intraprendere questo percorso sono più che legittime e sostenute da quella passione verso uno sport che in pochi hanno. 
La sua avventura alla Musiello Saluzzo inizia quando ancora militava nella squadra maschile. Un giorno a causa della assenza di un dirigente << mi hanno chiesto di accompagnare la squadra femminile in trasferta in Val Susa. Ho subito capito che era una disciplina più genuina di quella maschile ed ho deciso di seguire sempre di più la squadra fino diventare Direttore Sportivo>>.  In pochi anni la squadra piemontese, sotto l'attenta guida di Andrea, è arrivata a militare nel campionato nazionale di Serie B, crescendo sotto molti punti di vista e ottenendo risultati ben migliori della squadra di sesso opposto. A dimostrazione di come questo gruppo stia facendo grandi cose, rimangono gli ottimi piazzamenti delle ultime due stagioni, che hanno visto la Musiello Saluzzo entrare nel podio della categoria classificandosi al terzo posto. Come dichiarato dall'ormai ex-DS, il segreto di questa squadra è stato il fatto che << siamo riusciti insieme a non fare gruppetti ma a creare un unico solido gruppo>> formando una formazione sempre più coesa e competitiva, che solo da pochi anni ha preso parte ha campionati nazionali.
Nonostante i grandi successi e un futuro davvero promettente, Rubiolo al termine di questa stagione sportiva ha deciso di lasciare la squadra. Le ragioni chiaramente sono tante, tuttavia ha deciso di spiegarci brevemente le motivazioni principali che hanno portato al suo addio: <<Nove anni sono lunghi ed anche le ragazze avevano bisogno di un'altra persona di riferimento. Ho frequentato un Master a 'Il Sole 24 Ore' in Sport Business Management che mi ha messo in contatto con altre realtà, nelle quali spero di poter crescere ulteriormente come dirigente e professionista. Ringrazio la società per l'opportunità che mi è stata data, le ragazze che mi hanno sopportato e che mi hanno regalato negli ultimi tre anni delle gioie immense ed i miei due mister Roberto Panigari e Patrick Geninatti Chiolero che mi hanno seguito in quest'avventura, fidandosi ciecamente di ciò che dicevo loro. L'ultima trasferta è stata emozionante, molte lacrime ed una serie infinita di abbracci sia con le ragazze che con i genitori: queste sono dimostrazioni d'affetto che ti restano dentro e ti ripagano di tutti gli sforzi fatti>>. 
Questo dimostra come anche il calcio femminile sia una sfida da non sottovalutare, dove si va in contro a grandi ostacoli e a grandi difficoltà, che però si possono superare con la passione e il cuore di tutti. A livello personale Andrea ci ha raccontato quanto sia stato difficile il suo compito, anche in una squadra femminile, dimostrando come sia stato complicato formare il gruppo vincente e all'altezza della categoria, di cui si parlava sopra. 
Adesso non mi resta che dare spazio alle sue dichiarazioni e ad auguragli il meglio per sè e per tutto il calcio femminile.


Cosa significa essere il direttore sportivo di una squadra femminile?

"Significa molte cose. All'inizio devi convivere con la pressione di essere sempre sotto gli occhi attenti delle donne. Occorre pesare ogni singola parola perchè con un uomo al massimo ti scazzotti, con una donna sei fregato perchè ti porterà rancore per tutta la vita. Ho avuto da discutere con molte ragazze che non accettavano i 'paletti' messi da me e dalla società: sono partite tutte e non le ho mai trattenute. L'ambiente dello spogliatoio dev'essere limpido per poter costruire qualcosa di importante e noi, nel nostro piccolo, siamo riusciti a non fare gruppetti ma un unico solido gruppo."

La Musiello Saluzzo può essere un modello per tutto il calcio femminile italiano?

"Un modello non saprei, certamente ci siamo dati da fare e credo che i risultati lo dimostrino. Non posso e non voglio paragonarmi a realtà come Brescia, Verona, Mozzanica e al settore giovanile della Res Roma. Di una cosa, però, sono molto orgoglioso: nella scelta delle giocatrici ho sempre guardato prima il lato umano. Le prime donne per me possono starsene a casa loro, tutti uniti verso l'unico obiettivo, come una famiglia perchè il gruppo fa la differenza."

Rispetto al resto d'europa pensi che il calcio femminile stia crescendo in Italia?

"Lentamente ma credo di si. L'Italia dovrà sicuramente fare qualcosa per questa disciplina anche e soprattutto per volontà della FIFA e dell'UEFA. Dei piccoli movimenti ci sono già stati, ma non bastano. Manca il professionismo per questo sport che ritengo possa aiutare a crescere più del denaro."