giovedì 24 marzo 2016

Johan Cruijff, il miglior giocatore europeo del XX secolo.

Ieri ci ha lasciato un campione, ma non un semplice fuoriclasse bensì qualcuno che fu in grado di cambiare uno sport e di trasformarlo in qualcosa di completamente nuovo. Johan Cruijff ha saputo incarnare alla perfezione lo spirito del calcio, plasmando un nuovo modo di interpretarlo e di giocarlo. Il "Calcio Totale" non fu semplicemente un modo di giocare, ma un approccio rivoluzionario allo sport in generale, dove la squadra, dal portiere all'attaccante e viceversa, era un nucleo solido che respirava e si muoveva in modo sinergico producendo un gioco spettacolare, interpretando al meglio la celebre frase "la forza del branco è il lupo e quella del lupo il branco". Proprio questo, lo spettacolo, rendeva giustizia al vero protagonista di questo sport, il pallone, che veniva reso tale solo attraverso il tocco razionale di un giocatore. 
La figura del calciatore moderno proprio negli anni '70 si andò sempre più definendo, il calciatore non era più un semplice giocatore, ma doveva essere in grado di dimostrare capacità atletiche elevate, una tecnica semplice e precisa e visione di gioco, tutto ad un ritmo vertiginoso. Tutto questo può essere riassunto in una citazione dello stesso "Pelè bianco": "Giocare a calcio è molto semplice, ma giocare semplice nel calcio è la cosa più difficile che ci sia."
Johan era un personaggio controcorrente, uno degli Dèi di questo sport e credo lo abbia dimostrato non solo sul campo, ma anche fuori sia livello manageriale sia nei panni di mister. Forse l'elemento che contraddistinse di più il suo gioco da quello degli altri fu la razionalità sintetica e l'immaginazione visionaria. Quest'ultimo elemento gli consentirà di essere sempre un passo avanti agli avversari e di saper vedere il possibile nell'impossibile. 
In due parole potremmo tradurre una leggenda come Johan Cruijff ovvero "Il profeta del gol".

martedì 22 marzo 2016

Tre domande a... Luca Farace

Luca è un giovane ragazzo di 21 anni, che quest'anno sta partecipando per la prima volta, in qualità di dirigente, al torneo giovanile più prestigioso, la Viareggio Cup. Grazie ai collegamenti finanziari del padre con una squadra congolese, riesce a partecipare all'avventura italiana di questa squadra africana. In quanto collaboratore europeo, ha il compito di supportare il gruppo della squadra introducendo i ragazzi in una realtà completamente nuova e ad abituarli alla quotidianità italiana ed europea. Funge sicuramente da esempio umano, ma anche calcistico aiutando i giovani atleti a colmare soprattutto alcune lacune tecnico-tattiche. Svolge dunque un ruolo molto importante nell'integrazione della squadra in un nuovo continente e nel risolvere qualsiasi problema legato al gruppo o ad ogni singolo calciatore. La sua collaborazione non sarà continuativa, ma si limiterà all'esperienza della Viareggio Cup, e continuerà nei prossimi anni se ce ne sarà l'occasione.

L'Athletic Club Ujana è una realtà nascente del calcio congolese e più in generale di quello africano, la quale vuole dare la possibilità a molti giovani di avvicinarsi al gioco del calcio attraverso uno dei più grandi centri giovanili del mondo, capace di ospitare già più di 4000 bambini iscritti alla scuola calcio. Come è evidente il progetto è molto ambizioso con molte possibilità offerte, il torneo di Viareggio gli darà molta visibilità a prescindere dal risultato e speriamo apporti ad un impulso notevole nello sviluppo dello sport in una delle regioni del mondo più tormentate negli ultimi decenni.



Quanto è importante questa vetrina per voi e cosa credete di ottenere da questa competizione?

"Questa vetrina per noi è molto importante, sia per farci conoscere come società sia per far conoscere i nostri giocatori e per aiutarli a trovare un club europeo disposto ad investire su di loro. Siamo arrivati come gli "outsiders" della competizione, ma nonostante questo ci siamo qualificati come primi classificati, battendo il Cagliari e pareggiando con l'Ascoli e il Milan. E' ovvio che come tutti l'ambizione è quella di vincere, però combatteremo un gradino alla volta per raggiungere quello che è l'obiettivo finale."


La vostra sfida è anche quella di un intero continente?

"Si, la nostra sfida appartiene anche all'Africa, un continente che spesso viene considerato inferiore per tanti motivi in molti ambiti. Quindi non non vedo perché non combattere anche per un continente intero, pur non essendo l'unica squadra africana in gara, si può tranquillamente affermare che lottare per il continente africano motivi la squadra."


Cosa vi porterete a casa da questa esperienza e quanto credete di andare avanti?

"Ci porteremo dietro tantissime cose, comunque andrà abbiamo avuto l'opportunità di dimostrare molto al calcio europeo e sarà un'esperienza che ci porteremo dentro per tutta la vita. Noi non ci siamo posti obiettivi, l'obiettivo principale è quello di non fare brutte figure e di uscire con dignità e a testa alta, qualora dovessimo essere eliminati."



























martedì 15 marzo 2016

Tre domande a... Filippo Turci

Filippo Turci è un centrocampista classe '95 tesserato per la società modenese, militante in Eccellenza, Cittadella Vis San Paolo. Prima di arrivare in questa squadra però, cresce nelle giovanili della Folgore Rubiera, società reggiana partecipante sempre al campionato di Eccellenza, con la quale esordisce per la prima volta in questa categoria e ufficialmente nel mondo dilettantistico. Si è sempre contraddistinto per un'ottima tecnica e per la sua visione di gioco, proprio per questo non di rado vede anche la porta apportando il suo contributo in fase realizzativa.

La sua forza? Sicuramente la passione e il divertimento che mette in questo sport e che pratica da quando è un bambino. Ma adesso spazio alle sue parole, che ho avuto il piacere di ascoltare e riportare qui di seguito e che ci svelano un po' più da vicino la quotidianità e gli obiettivi di un giovane calciatore dilettante.



Come ti sei trovato in questa categoria e perché hai lasciato la Folgore Rubiera? 

"Io cinque anni fa ero in Juniores a Rubiera, ho fatto bene nel campionato giovanile e la stagione successiva fui preso in prima squadra, con anche un pizzico di fortuna perché da regolamento era obbligatorio almeno un giovane del '95. Così ho iniziato a militare in Eccellenza, grazie anche ad un mister che mi seguiva e che mi ha dato fiducia tutta la stagione, facendomi giocare sempre. A fine anno ci salvammo e io terminai la mia prima esperienza al di fuori delle giovanili. Questa categoria è un mondo totalmente diverso rispetto ai campionati giovanili, perché trovi degli spogliatoi, nei quali incontri giocatori esperti che del calcio hanno fatto il loro lavoro. Al risultato viene dato un peso specifico molto più alto e non tanto a come lo hai ottenuto. Infine devi sempre stare sul pezzo ed essere pronto a rispondere delle tue responsabilità. Insomma L'impatto è duro ma poi diventa molto bello, specialmente quando cominci a conoscere ben lo spogliatoio e la categoria, prendendo a volte anche qualche "mazzata". 
Andai via da Rubiera l'inverno scorso a dicembre perché non avevo molto spazio, non sentivo la fiducia del mister e non avevo più gli stimoli giusti per rimanere lì. Di conseguenza quando mi arrivò la chiamata del DS del Cittadella, colsi l'occasione di calarmi in un campionato di vertice, ma in Promozione. Inoltre decisi di lasciare la Folgore perché avevo voglia di nuovi obiettivi che non significassero solo la salvezza e nel Cittadella trovai una delle due realtà dilettantistiche più belle della città di Modena."


In Questo campionato vi trovate in acque poco tranquille, secondo te riuscirete a salvarvi?

"Io ci credo, anche se sarà dura. Siamo una squadra molto giovane con pochi giocatori d'esperienza, un budget limitato e l'inesperienza di una società che non aveva mai fatto l'Eccellenza. Certamente ci mancano quei giocatori in grado di toccare i tasti giusti in determinati momenti dentro e fuori dallo spogliatoio. La squadra ha ottime potenzialità e ha tutte le carte in regola per salvarsi, non resta che crederci fino alla fine."


Riguardo al futuro pensi di poter giocare anche in categorie superiori?

"Sinceramente non lo so, a me il calcio piace quando rimane uno sfogo serale a fine giornata, quando vivi il gruppo e la partita della domenica. Se dovesse diventare quasi il mio lavoro forse comincerebbe a pesarmi. Al momento ho altre priorità come lo studio e non voglio vivere solamente in funzione di questo sport, chiaramente se avessi altre priorità forse ci penserei più attentamente, mi sento già molto onorato a poter giocare a questi livelli in modo continuativo. Il calcio regala "emozioni uniche", che spesso influenzano l'umore di una giornata o di una settimana, e finché mi divertirò continuerò a giocare, qualora non dovessi più essere sereno e non dovessi più fare volentieri gli allenamenti allora significherà che non avrò più voglia e smetterò. Per il momento sto bene e non mi pongo grossi obiettivi, mi piace molto l'ambiente dei dilettanti, anche se spesso viene sottovalutato."
















martedì 8 marzo 2016

Tre domande a... Marcello Sereni

Marcello segue lo stesso percorso giovanile di Leonardo Fontanesi e di Andrea Mandelli, cominciando a dare i suoi primi calci nella Rosselli e proseguendo la sua crescita nel Sassuolo Calcio. Proprio in un ambiente fecondo e ricco di attenzione verso i giovani, come Sassuolo, affina le sue già ottime doti e sotto la guida di mister Pasino passa da centrocampista al ruolo di attaccante esterno. Dopo una breve permanenza con la prima squadra, la società decide di lanciarlo in un'esperienza del tutto nuova per lui, valutandolo maturo per affrontare la serie D e così in questa stagione approda al rifondato SSD Parma Calcio. Quest'anno, alla corte di Luigi Apolloni, ha già collezionato 14 presenze, partecipando attivamente e in maniera propositiva alla scalata del Parma, anche se non ha ancora messo a segno nessuna rete.
Dalle sue parole è trapelata tanta voglia di dimostrare le sue capacità e l'emozione di vestire la maglia di una piazza storica del nostro calcio. I presupposti ci sono,le qualità anche, adesso spetta solo a lui cogliere le giuste opportunità.





Come vivi questa prima avventura in serie D?

"La serie D è un campionato molto difficile perché ti trovi difronte a squadre e giocatori esperti, che spesso hanno già militato in categorie superiori tra i professionisti. E' un campionato anche molto fisico giocato su campi non sempre all'altezza e dove il calcio non viene sempre esaltato, fortunatamente qui a Parma ho la possibilità di giocare metà delle partite al Tardini, che è un impianto sportivo da serie A. Inoltre risulta essere una categoria molto competitiva, poiché non essendoci più la serie C2 di fatto è la quarta serie, dunque molti calciatori provenienti da squadre professionistiche talvolta sono comunque disposti, sia per motivi di ingaggio sia per motivi personali, ad abbassarsi di categoria."

Lucarelli ti ha aiutato ad inserirti e ad affrontare questo nuovo campionato?

"Lucarelli ha deciso per motivi personali  e di attaccamento alla squadra e alla città di rimanere e sta dimostrando grande professionalità ed esperienza continuando ad allenarsi come se fosse ancora in serie A e aiutando tutti i ragazzi più giovani del gruppo, anche nelle cose quotidiane. Da sempre il massimo anche se forse questa serie gli sta un po' stretta, proprio per questo ha dovuto adeguarsi anche lui ad una realtà del tutto nuova."

Quale ambiente hai trovato a Parma dopo la rinascita e che rapporto hai con mister Apolloni?

"Nonostante la scorsa stagione non fossi in questa squadra, in questi mesi ho visto già visto grandi cambiamenti, sia a livello societario che a livello tecnico. Gli investitori sono molto presenti e lo staff di mister Apolloni è determinato a far bene e a far dimenticare in fretta ai tifosi quanto accaduto l'anno scorso. Per quanto riguarda mister Apolloni devo dire che mi sono trovato difronte ad un allenatore molto diverso da quelli che avevo avuto in precedenza in primavera, mi richiede cose nuove e mi tratta da persona più matura, dagli allenamenti alla professionalità fuori dal campo, cura molto anche l'aspetto mentale. Sicuramente la cosa che ho notato di più è stata la grande importanza data al risultato, rispetto ai campionati giovanili dove non sempre era la priorità."
















martedì 1 marzo 2016

Tre domande a... Stefano Truzzi

Stefano è un giocatore professionista dell'US Inveruno 1945, militante in serie D, cresciuto nel vivaio del Varese Calcio. Proprio a Varese il giovane atleta mette in mostra le sue eccellenti doti di centrocampista centrale e arriva ad esordire giovanissimo in serie B. Grazie al duro lavoro e ad un grande impegno, nella scorsa estate è arrivato a coronare il sogno di ogni italiano, vestire la maglia Azzurra della nazionale di calcio alle Universiadi tenutesi in Corea del Sud. A completare già questo grande traguardo è arrivata anche la medaglia d'oro, che mancava dall'Italia da ben 18 anni.

Con molta umiltà e disponibilità ha deciso di raccontarci le sue esperienze, i suoi sogni e i suoi timori del suo presente e del suo futuro. Ora non mi rimane che cedergli la parola e fargli i miei migliori auguri per una carriera brillante e ricca di soddisfazioni.






Come ti trovi all' US Inveruno e quali obiettivi speri di raggiungere con questa squadra?


"All’Inveruno  mi trovo molto bene, sono arrivato a campionato già iniziato e per fortuna  ho trovato degli ottimi compagni che mi hanno permesso di inserirmi al meglio nei meccanismi della squadra. Come obiettivi stagionali sicuramente cercheremo di raggiungere il prima possibile la salvezza, poi se ce ne sarà la possibilità magari di arrivare fino ai Playoff per toglierci qualche soddisfazione in più."


Com'è stato il tuo approccio in serie B con la maglia del Varese?

"Per quanto riguarda la serie B, per un giocatore così giovane come me, che viene dal settore giovanile, non è di certo stato semplice, perché affrontare avversari di quel quel livello all'inizio ti rende la vita davvero dura. Però settimana dopo settimana con il duro lavoro sono riuscito anche a raggiungere l'esordio, che è stata la cosa più importante della mia carriera fin ora. Sicuramente il mio sogno e di poter tornare a giocare a quei livelli." 


Cosa hai provato durante la fortunata avventura all'Universiade e cosa ti aspetti dal futuro?

"Già il fatto di aver vestito la maglia Azzurra è stata una cosa indescrivibile, un onore che ti fa tremare le gambe. Aver vinto è stata la ciliegina sulla torta, è stata un' esperienza internazionale molto positiva e spero di poterla rivivere tra due anni a Taipei. 
A proposito del mio futuro calcistico spero di trovare nella prossima stagione un club di Lega Pro per poter migliorare ulteriormente e per cercare di tornare a calcare qualche campo in serie B, a piccoli passi scoprirò ciò che mi aspetta."