martedì 23 agosto 2016

Tre domande a... Dante Gozzi

Coraggio, forza di volontà e voglia di fare sono gli imperativi che hanno sempre contraddistinto il centrocampista classe '95, recentemente trasferitosi al  neopromosso Ganaceto F.C. .

Dopo la difficile esperienza al Gorzano, caratterizzata da una forte instabilità societaria e uno spogliatoio poco unito, Dante decide di accettare l'offerta dei dirigenti della bassa nella speranza di rilanciarsi e di poter ritornare a giocare ai livelli di Colombaro. 
Infatti il giovane centrocampista ha sempre dimostrato di avere tutte le carte in regola per militare anche in campionati superiori alla Prima Categoria grazie alla sua tecnica e ad un'invidiabile visione di gioco. Dopo aver partecipato per ben 2 stagioni consecutive al campionato di Promozione, rispettivamente con le casacche di Colombaro e Real Modena, adesso si prospetta davanti a lui un'esperienza completamente nuova e ricca di interessantissime sfide, come testimoniato dal suo nuovo presidente, che al suo arrivo ha dichiarato: <<Noi volgiamo essere la sorpresa del campionato>> ribadendo ulteriormente l'obiettivo centrale per la prossima stagione. 
Le sue aspettative sono poche e semplici: un buon gruppo e un progetto solido alla spalle. Niente di più in linea con le direttive della sua nuova società che sicuramente cercherà di portare avanti un campionato di vertice. 

E' tutto pronto dunque per la prossima stagione, Dante cercherà di sfruttare al meglio questa opportunità per ritrovare il tanto desiderato ridimensionamento sportivo, che dopo due stagioni opache spera finalmente di aver trovato. Ganaceto è un ambiente tranquillo, ricco di spunti e sulle ali dell'entusiasmo, forse un'occasione migliore non poteva capitargli.



Come commenti il tuo trasferimento al Ganaceto?

"Dopo l'esperienza di Gorzano, dove non avevo trovato un ambiente adatto al tipo di campionato che volevo condurre, ora spero di rilanciarmi e di ridimensionarmi per tornare a togliermi soddisfazioni importanti."

Rispetto al recente passato credi di trovare più continuità?

"Sicuramente ho scelto Ganaceto anche per questo, non ho intenzione di giocare contando solo sull'obbligo di almeno un '95 in campo, ma ho intenzione di guadagnarmi settimana dopo settimana un posto da titolare indipendentemente dalla mia età anagrafica."

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

"Mi aspetto un campionato diverso da tutti gli altri che ho condotto. L'obiettivo centrale non sarà la salvezza, quindi mi aspetto una stagione dove lotteremo per i primi posti cercando di conquistare le zone più nobili della classifica."





























venerdì 12 agosto 2016

A piccoli calci, 6^ puntata


Trasmettere la propria visione del calcio è molto difficile. Lo sanno i grandi allenatori così come i piccoli delle realtà dilettantistiche di tutto il paese. Lo sa bene anche Riccardo Da Pos, che oggi ci accompagna alla scoperta della scuola calcio (Pulcini 2007) dell’ASD Morazzone, in provincia di Varese.


<<Autonomia di pensiero, miglioramento della tecnica e rispetto delle regole, dei compagni e degli avversari>> Questi sono gli obbiettivi di una società che si radica nel varesotto agli inizi degli anni ’80 come Real Varese. Nel 1984 la società si sposta a Morazzone, diventando definitivamente quella che oggi noi conosciamo come ASD Morazzone. La passione e la grinta dei componenti della società portano allo sviluppo di un settore giovanile che oggi conta ben 11 categorie che vanno dai 6 anni fino ai 17. La carriera di Riccardo inizia con i Pulcini 2007, dove si trova immediatamente a dover fare i conti con le difficoltà del mestiere: << il nostro lavoro è sicuramente più difficile di altri. Bisogna tenere conto di alcune questioni legate all’età dei bambini, al loro rapporto coi genitori e alle loro fasi sensibili di apprendimento che non sono mai da sottovalutare>>. Una crescita quindi non solo calcistica ma anche umana, che deve aiutare i bambini a formare dentro di sé prima la persona e poi il giocatore. <<Per questo motivo servono sostegni forti, dalla società verso di noi, ma soprattutto dai genitori verso i bambini. Molte volte proprio loro sono troppo pressanti e negativi coi bambini stessi>>.

ASD Morazzone che nonostante l’impegno profuso in così tante categorie non fa mai mancare il proprio apporto: << Con la società i rapporti sono buoni, ed io personalmente nel lavoro sul campo mi trovo alla grandissima>>. Inoltre la società a partire dal 2014 ha iniziato una serie di lavori di riqualificazione dei campi al “Morazzello” che permette ad atleti ed allenatori di avere a disposizione due campi da allenamento e riprese video dei campi stessi per la revisione tattica delle sedute. Tutto questo permette a Riccardo di concentrarsi sul lavoro attorno a concetti calcistici basilari come spazio, tempo, tecnica di base e coordinazione.



Prima di lasciarci abbiamo voluto chiedere a Riccardo perché ha scelto una scuola calcio, evidentemente più impegnativa rispetto ad altre panchine: << Mi piace lavorare coi bambini, mi piace mettere basi solide per il loro futuro e indirizzarli a valori come il rispetto, la dedizione, l’impegno, il divertimento e la passione verso il gioco più bello del mondo. Nient’altro>>

martedì 9 agosto 2016

Tre domande a... Ennio Bulgarelli

Tanta passione, voglia di allenare e un' invidiabile preparazione calcistica, il calcio giovanile è stato fin da subito una sua priorità, anche se non nega il desiderio di arrivare ad allenare in prima squadra. Ai nostri microfoni ha detto: <<ho sempre avuto la passione per Allenare, la mia prima esperienza è stata alla San Faustino Rosselli di Modena nel 2009-2010 con i Pulcini>>. 

Progressivamente all'aumentare della sua esperienza e delle sue capacità di allenatore ha avuto l'onere di allenare categorie sempre maggiori, arrivando a guidare i "Giovanissimi" e gli "Allievi". E' proprio nei tre anni alla Solierese che sono arrivate le soddisfazione più grandi, <<2 tornei vinti, in particolare quello a Rubiera con i 2001, e il 4 posto in classifica con gli Allievi>>. 
La sua idea di calcio prendeva sempre più forma soprattutto grazie agli incontri ed alle esperienze con Pep Guardiola, Carletto Ancelotti ed Emery, riuscendo a studiare a fondo l'ideale che guida il calcio moderno e a far prendere definitivamente un'anima e un corpo ai suoi schemi e alla sua visione di gioco. 
Altro fondamentale tassello nella sua formazione sportiva e calcistica è sicuramente il rapporto di amicizia con la società toscana dell'Empoli Calcio, che da tempo ha intrapreso un ottimo rapporto di amicizia con l'ASD Solierese aprendo i propri settori giovanili e consentendo a società minori di poter apprendere novità e migliorie sempre all'avanguardia.
Alla luce di questi sviluppi nella sua carriera da mister, ha deciso di lasciare la Solierese per cogliere altre opportunità e per perseguire i suoi obiettivi. <<A Soliera ci sono persone in gamba, molto serie che hanno una grande dedizione e passione per il Calcio. A volte anche se non si lavora più insieme non significa che non ci sia stima reciproca. Magari un giorno tornerò, quando sto bene in un posto non escludo di tornarci in futuro>>, queste le sue parole a dimostrazione di quanto sia stata fondamentale questa società per la sua crescita sportiva e calcistica, nonostante il suo futuro molto probabilmente sarà lontano dai suoi campi.

<<In futuro spero di allenare una prima squadra perché ho una grande passione per il calcio e sto aspettando la mia occasione. Nel frattempo ne approfitto e vado in Spagna, tenersi aggiornati è la base per stare al passo con i tempi>>, ai nostri microfoni ha fatto questa indiscrezione dichiarando di voler trasferirsi temporaneamente in Spagna, precisamente nella città di Barcellona, per prendere parte a Camp estivi e iniziative giovanili in cui poter continuare e migliorare la sua preparazione sportiva.



Cosa significa per lei allenare nelle giovanili?

"Allenare le giovanili per me ha un grande significato perché è il momento dove si può insegnare ai ragazzi non solo a giocare a calcio, ma anche ad avere un certo tipo di comportamento."

Un'esperienza come il torneo Rebecchi cosa può significare per lei e i suoi ragazzi?

"Il Torneo Rebecchi credo che sia un momento molto importante per la crescita dei ragazzi. Potersi confrontare con realtà d'élite del calcio italiano è un'esperienza molto utile."

Quali obiettivi cerca di perseguire da allenatore?

"Come allenatore ho studiato l'Europa, compresa l'Italia, per cimentarmi in questo ruolo. Le esperienze fatte con Guardiola, Ancelotti e Emery mi hanno portato a una mia conclusione e idea di calcio: Il gruppo prima del singolo, il gioco di squadra, la costruzione del gioco dal basso, metodologia attraverso esercizi situazionali con giochi di collaborazione e  infine viene lo schema tattico adattandosi alle caratteristiche dei giocatori a disposizione, anche se come allenatore prediligo il 4-3-3."

domenica 7 agosto 2016

Calcio coi tacchi, 2^ puntata


CALCIO COI TACCHI: VALENTINA BERGAMASCHI

Di Stefano Bianchi- Ci sono persone che nascono con la voglia di vincere. Provano a dire a loro stessi: “Dai, con calma, gioca con gli altri e divertiti”, ma non ci riescono. Vogliono vincere, sempre e comunque, far vedere che son disposti a faticare il doppio degli altri per ottenere il risultato che vogliono. Sono predestinati.



Valentina Bergamaschi, classe 1997, è proprio così, sin dall’inizio all’FC Caravate, piccola società del varesotto che la accoglie quando ha solo 9 anni e che fa quello che può: non ha una sezione femminile, perciò la aggrega alla squadra maschile. Ma il posto gli va stretto: Valentina ha talento, tanto, e va valorizzato nelle sue categorie. Per questo nel 2011 passa all’Alto Verbano, società femminile di calcio dell’alto varesotto. Non una piazza importantissima, ma che comunque serve a Valentina per farsi le ossa e mettere in mostra ciò che sa fare. Da lì, la convocazione nella rappresentativa lombarda femminile al torneo di Chianciano del 2011 sembra quasi un passo obbligato. La rappresentativa lombarda arriva in finale, ed è proprio lì che scoppia la bomba Bergamaschi. Al 16’ dell’ultima frazione di gioco, parte in solitaria sulla destra e segna. Vince la Lombardia, Valentina viene notata e conseguentemente convocata ad uno stage nazionale a Coverciano, in previsione degli Europei femminili del 2014.
Agli Europei del 2014 andrà eccome, conquistando con le compagne il terzo posto. Da lì poi in Costa Rica, per giocarsi il titolo mondiale di categoria.



L’Alto Verbano indubbiamente ormai è troppo stretto, a fine Europei Valentina passa al Rapid Lugano, successivamente diventato Lugano 1976, dove conquista alla sua prima stagione la promozione nella massima serie femminile svizzera.

Ma la voglia di vincere di Valentina è insaziabile. Pochi mesi fa passa al FC Neunkirch, classificatasi seconda l’anno scorso e con molta voglia di rivalsa quest’anno.

 

Cosa significa per una ragazza giocare a calcio?

Significa esattamente lo stesso che per un ragazzo, niente di più né di meno.

 Credi che il calcio femminile italiano stia crescendo?  Cosa manca o cosa è meglio rispetto ad altri paesi?

Sinceramente non lo so. In teoria dovrebbe essere così ma i fatti parlano chiaro, il calcio femminile è troppo poco considerato ancora in Italia. C’è una mentalità ancora troppo legata all’idea che a calcio possano giocarci solo i ragazzi, così a calcio come in molti altri sport. All’estero la mentalità è diversa, per questo molte atlete cercano fortuna altrove piuttosto che in Italia.



Qual è stata l’esperienza calcistica (allenatore, squadra..) che maggiormente ti ha fatto maturare?

A mio parere calcisticamente ogni esperienza ti fa crescere, sicuramente tra quelle che di più hanno contribuito alla mia formazione c’è il mondiale in Costa Rica e quello che sto vivendo ora, lontana da casa.



Cosa ti aspetti dal tuo prossimo futuro, in Nazionale e nel Neunkirch?

In Nazionale per ora non lo so, spero un giorno di poter vestire la divisa della nazionale maggiore e raggiungere traguardi importanti. Futuro Neunkirch: vincere tutto quello che è possibile. La vittoria del campionato ci permetterebbe di accedere alla Champions League, ma naturalmente dobbiamo considerare che quest’anno abbiamo anche la Coppa di Svizzera da vincere… Vedremo!



Quale elemento contraddistingue secondo te il calcio femminile?

La passione e il sacrificio, perché molte ragazze non vengono pagate molto, perciò sono costrette a lavorare di giorno ed allenarsi di sera per continuare a giocare.


domenica 31 luglio 2016

Calcio coi tacchi, 1^ puntata

CALCIO COI TACCHI: EMANUELA BIANCO

Di Stefano Bianchi Emanuela Bianco, classe 1994, è nata due volte. La prima, fisica, avviene a Savigliano, cittadina abitata da poco più di 20.000 anime in provincia di Cuneo. La seconda, calcistica, avviene in un paese ancora più piccolo, Busca, sempre in provincia di Cuneo.
È lì, nel Busca Calcio 1920, che nasce la passione e la grinta di questa centrocampista ad oggi considerata una delle migliori nel panorama piemontese. La consacrazione però avviene nel 2008, quando Emanuela passa alla Musiello Saluzzo. 8 anni a lottare, a faticare e sudare per una sola ed unica maglia. Con lei indosso arrivano i primi risultati della fulgida carriera che si prospetta per Emanuela: il primo confronto con la serie B, il grande salto in A mancato per un soffio e la convocazione nella rappresentazione piemontese sono solo una goccia nel mare che sarà.
Poi, quest’anno, la rottura. Dopo 8 anni Emanuela e la Musiello Saluzzo si separano. Emanuela è senza squadra ora, pronta ad una nuova avventura, pronta a faticare, sudare e lottare ancora.
Abbiamo voluto iniziare così questa rubrica, intervistando Emanuela Bianco.

Cosa significa per una ragazza giocare a calcio?
Significa combattere contro i pregiudizi di un Italia non ancora al passo con i tempi. Magari essere l’unica bambina in una squadra di maschi, il fatto di non vivere lo spogliatoio e a volte sentirsi inferiore solo perché si è femmina. Tutto questo però con il tempo ti dà una forza maggiore, ti permette di non mollare e continuare a lottare per migliorarti sempre. 

Credi che il calcio femminile italiano stia crescendo?  Cosa manca o cosa è meglio rispetto ad altri paesi?
Vedo molte più bambine avvicinarsi a questo sport. Quando ho iniziato io nella squadra del mio paese, il Busca, ero l’unica femmina ora invece ce ne sono di più. In questi ultimi anni la gente ha imparato a conoscere anche il calcio femminile però ci sono ancora troppi pregiudizi. Sono troppe le differenze dalle altre nazioni: seguo sui social calciatrici che giocano in Francia, Spagna, Germania per non parlare degli Stati Uniti, là è tutto un altro mondo.

Qual è stata l’esperienza calcistica (allenatore, squadra..) che maggiormente ti ha fatto maturare?
Ho giocato 8 anni con la stessa maglia, quella della Musiello Saluzzo, dopo le stagioni passate in serie C finalmente negli ultimi due anni ho potuto confrontarmi con il campionato di serie B. Queste ultime due stagioni penso siano quelle che mi abbiano fatto crescere maggiormente sia dal punto di vista umano che da quello calcistico. Devo ringraziare in primis le mie compagne con cui ho condiviso emozioni uniche e poi i mister Roberto Panigari e Patrick Geninatti Chiolero che hanno saputo stimolarmi permettendomi di dare sempre il 100%.
Non voglio però dimenticare i due titoli vinti nel 2010 e nel 2011 con la rappresentativa piemontese dove ho segnato in entrambe le finali, ci sono emozioni che non si dimenticano facilmente.

L’ultimo anno alla Musiello Saluzzo è stato pieno di gioie e dolori, come lo descriveresti? Cosa ti porti dietro da quest’ultima stagione?Penso sia impossibile descrivere a parole le emozioni provate quest’anno. Dopo un ottimo inizio abbiamo avuto un periodo di difficoltà però da grande squadra abbiamo saputo reagire e concludere il campionato alla grande. Abbiamo eguagliato il terzo posto dell’anno precedente e si sa che ripetersi non è mai facile. Ho conosciuto persone stupende e so che continueremo a sentirci anche se non giocheremo più insieme. Ho avuto l’onore di giocare in un vero gruppo prima che una grande squadra, mi dispiace che sia finito tutto senza un vero e proprio motivo.
Quale elemento contraddistingue maggiormente il calcio femminile?
Sembra banale ma l’elemento chiave è la passione. Se una ragazza ha deciso di giocare a calcio e quindi lottare contro i pregiudizi è sicuro che non si farà fermare da qualche allenamento un po’ più faticoso. Bisogna ammettere che il gioco è più lento rispetto a quello maschile ma questo è fisiologico, la stessa cosa avviene nella pallavolo o nel tennis. Ho avuto il piacere di vedere allo stadio la finale di Champions League femminile e sinceramente mi è piaciuta di più rispetto a quella maschile. Le squadre si sono affrontate a viso aperto, senza tanti tatticismi.

Secondo te cosa servirebbe cambiare per migliorare questo sport?
Ci vorrebbe un po’ più di forza di volontà. Trovo che si facciano tante parole e pochi fatti. Bisognerebbe cercare di dare maggiore visibilità al campionato di serie A e alla nazionale tramite televisioni e giornali. Una buona idea sarebbe introdurre le figurine delle ragazze nella collezione Panini così che i bambini imparino a conoscere i nomi e i volti delle calciatrici.
Per fare un esempio pratico: stasera ci sarà la finale dell’europeo under 19 (in diretta su Rai 3) mentre qualche anno fa per la nazionale under 17 femminile che è arrivata terza al mondiale di categoria non si è fatto altrettanto, la partita è stata trasmessa da Rai Sport ma non c’è stata la stessa pubblicizzazione su giornali e social. 

venerdì 29 luglio 2016

A piccoli calci, 5^ puntata


Il nostro percorso attraverso il mondo delle scuole calcio continua e nella puntata di oggi fa tappa nuovamente in provincia di Varese, presso l’ASD Uboldese Calcio. Ci inoltriamo ora all’interno dei suoi ambienti giovanili grazie al contributo di un ragazzo preparato e competente, già noto ai nostri microfoni, Stefano Truzzi.

Il suo iter da allenatore inizia nell’annata 2014/2015, quando la società lo incarica di allenare la categoria degli Esordienti Misti (classi 2002, 2003, 2004), con la quale inizia a fare esperienza e a mettere in pratica i primi allenamenti. Successivamente nella passata stagione viene posto alla guida dei Pulcini 2007, diventando a tutti gli effetti mister della scuola calcio rossonera.

Sin dall’inizio la sua filosofia personale è stata: <<Sapere, saper fare e saper far fare>> cercando in tal modo di raggiungere al meglio i suoi obiettivi, ricercando una crescita costante dei suoi bambini sia da un punto di vista tecnico che da quello comportamentale. In tal senso <<Noi cerchiamo di far crescere i ragazzi da un punto di vista comportamentale, abituandoli a tenere il giusto atteggiamento e responsabilizzandoli anche nelle cose più piccole>>.  Dunque gli obiettivi sono chiari: per prima cosa il gruppo, per seconda il comportamento, per terza il divertimento e per ultima, ma non ultima, l’aspetto tecnico-atletico che rappresenta il fulcro del lavoro quotidiano di ogni allenamento.  Secondo il mister varesino, dunque, per i suoi bambini la cosa più importante è l’integrazione all’interno dello spogliatoio, componente che lui ritiene fondamentale nella crescita caratteriale di ogni singolo ragazzo. Mentre per lui e il suo staff l’aspetto più importante da raggiungere è <<riuscire a coinvolgere i bambini in tutto quello che si fa, entrando in sintonia con il gruppo e diventando parte di esso, in modo da essere seguito, ascoltato e soprattutto capito>>. 

Riguardo all’organizzazione dei suoi allenamenti ha dichiarato che il suo lavoro si basa principalmente sulle direttive che la Federcalcio consiglia ad ogni giovane allenatore e sulle proprie competenze personali derivanti dai suoi studi in Scienze Motorie e dalle sue esperienze di calciatore. Non a caso <<la FIGC consiglia di svolgere verifiche di ciò che si è appreso alla termine di ogni ciclo di allenamenti per tenere sempre monitorati i ragazzi e per avere sempre un quadro generale sull’efficacia e sui risultati del proprio lavoro. Diversamente si rischia non raggiungere alcun tipo di risultato e senza una giusta propedeutica nella modalità degli esercizi si rischia di far male ai piccoli>>.

In tutto questo la società è sempre presente e molto vicina all’equìpe degli allenatori e al gruppo dei bambini, dimostrando grande attenzione e interesse per il suo settore giovanile sul quale ha puntato molto di recente, investendo considerevoli somme di denaro. La realizzazione del nuovissimo campo sintetico a 11 e una molteplicità di altre strutture tecniche in e outdoor permette a tutte le squadre di potersi allenare nel modo più proficuo e lineare possibile. In definitiva ci troviamo davanti ad una società con un settore giovanile in espansione che non esclude la possibilità di poter veder nascere tra qualche anno anche una sezione femminile, viste le recenti iscrizioni in aumento da parte di piccole bambine per la categoria Pulcini.

Infine Stefano ci ha raccontato le sue prime impressioni legate a questo nuovo ruolo che ha intrapreso da ormai due anni. A proposito del primo anno ha detto: <<Sono stato catapultato in questa nuova avventura e non è stato facile. Però già dall’anno successivo ho avuto sensazioni diverse, riuscendo ad avere sempre di più la situazione in pugno e a lavorare in modo più lineare conducendo gli allenamenti con le mie idee e con le mie direttive. Ho lavorato molto sulla coordinazione, sul gruppo e dopo un anno con questi ragazzi penso ritenermi in parte molto soddisfatto avendo raggiunto gran parte dei miei obiettivi>>. Ci ha parlato anche del ruolo che ricopre, che ha definito né troppo facile né troppo difficile ma estremamente delicato. Occorre molta pazienza, costanza e determinazione e solo attraverso queste componenti si può arrivare ad ottenere ottimi risultati e buone soddisfazioni. In conclusione ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto ad intraprendere questo ruolo: <<Ho scelto la scuola calcio perché, secondo me, per diventare un buon allenatore bisogna fare esperienza partendo dal basso, in particolare dai bambini. Ti insegnano e ti mettono alla prova ogni giorno con problematiche di ogni tipo che non avrei mai pensato di incontrare in questo sport. Quando vedo però i risultati, dopo mesi di lavoro, mi riempio di gioia e vengo ripagato di tutti gli sforzi fatti>>. 

martedì 26 luglio 2016

Tre domande a... Matteo Nicoli

Quella di oggi è una di quelle storie che ci fanno capire in che misura il divertimento sia una delle motivazioni più importanti per i dilettanti, che in questo modo riescono a nutrire partita dopo partita la loro passione verso questo sport in modo del tutto disinteressato.

Matteo Nicoli, attaccante classe '95 di proprietà dell'ASD Colombaro, è un chiaro esempio di quanto l'aspetto ludico sia significativo a livello motivazionale in queste categorie. Non a caso nel corso della passata stagione, Matteo è stato vittima di un bruttissimo infortunio, rimediato durante una partita di campionato, a seguito del quale si ritrova dinnanzi ad un lunghissimo stop a causa della rottura di tibia e perone. La lontananza dal campo, dalla squadra e dai campi di allenamento avrebbe potuto distruggerlo psicologicamente se non avesse continuato a nutrire la sua grande passione sportiva, che recentemente ha tramutato in  grandissima voglia di riscatto durante gli allenamenti di riabilitazione. Il giovane attaccante dalla prossima stagione militerà in prima squadra a tutti gli effetti, andando a disputare il campionato di Prima Categoria, dove avrà l'occasione, finalmente, di dimostrare davanti a tutti le sue qualità e la sua grande voglia di rivalsa.
Dopo questo tragico evento è con molta gioia che ci annuncia il suo passaggio definitivo tra i "grandi", dopo 2 anni da quando lo avevano cominciato ad aggregare al gruppo della  prima. Questa grandissima soddisfazione è stata raggiunta con tanto impegno, moltissimo lavoro e grande gioia per quello che si fa.

Tra pochi mesi ricomincerà il campionato e lui si ritroverà di nuovo intorno al cerchio di centrocampo in attesa del fischio d'inizio assieme a tutti i suoi compagni per ricominciare un'altra grande avventura all'insegna dello sport.


Dopo questo lungo stop torni a calcare il terreno di gioco, pensi di ritornare in gran forma?

"Le mie intenzioni sono quelle di ritornare il più presto possibile in condizione per essere a disposizione del mister come prima. Lavorerò molto per raggiungere questo obiettivo importantissimo e spero di ritornare senza alcun blocco fisico né psicologico."

Dalla prossima stagione giocherai in Prima Categoria, essere in pianta stabile nella rosa della prima squadra ti spaventa o per te sarà un presa di responsabilità?

"Non mi spaventa perché è già da due anni che sono aggregato al gruppo della prima e mi sono sempre trovato molto a mio agio. Credo sia anche una presa di responsabilità perché essendo uno dei pochi giovani dovrò lavorare molto per diventare un titolare fisso."

Cosa ti motiva maggiormente in questo momento?

"Sicuramente la voglia di ritornare sul campo di gioco, perché dopo un anno di stop la voglia è davvero tanta. Spero di tornare più forte di prima e di riuscire a guadagnarmi un posto in squadra."