martedì 19 aprile 2016

Tre domande a... Paolo Mandelli

Nasce a Milano il 4 dicembre 1967, cresce nelle giovanili dell'Internazionale e proprio con i Nerazzurri esordisce anche in Serie A, nella stagione '86/'87. Successivamente la sua carriera da attaccante prosegue in altre piazze importanti come Lazio, Foggia, Modena e infine Sassuolo.
Da giocatore ha sempre militato tra i professionisti, trascorrendo molte stagioni nella massima serie, dimostrando la sua grande professionalità e passione verso questo sport, che non ha abbandonato nemmeno dopo il ritiro dal calcio giocato, avvenuto nel 2003.
Sassuolo è il luogo dove è finita la sua carriera da giocatore, ma anche la città da dove è cominciata quella da allenatore. Questo nuovo capitolo si apre fin da subito con la grande possibilità e impegno di allenare la Primavera neroverde, dove ha avuto il piacere di incontrare sul suo cammino anche giovani promesse del nostro calcio, attualmente militanti in Serie A e B. Non a caso Paolo è stato allenatore di Leonardo Fontanesi, ora in forza al Cesena in Serie B, Marcello Sereni, attaccante del nuovo Parma neopromosso in Lega Pro, di Chibsah (Frosinone) e ovviamente di suo figlio, Andrea Mandelli, giovane difensore promettente, in prestito fino a fine stagione alla primavera cesenate.
In questi anni ha avuto anche una piccola parentesi in prima squadra, andando a sostituire Gregucci nella stagione 2010/2011 portando la compagine neroverde alla salvezza nel campionato di Serie B. Per il momento rimane l'allenatore della Primavera, ma date le sue ottime qualità, non sarebbe impossibile rivederlo tra qualche anno calcare panchine a livello professionistico.


Paolo Mandelli, perché ha scelto proprio Sassuolo per iniziare ad allenare? 

"Intanto non è stata proprio una scelta, ma una possibilità, visto che gli ultimi due anni da professionista li ho giocati a Sassuolo. Qui mi è stata offerta la possibilità di poter cominciare ad allenare subito e io ho colto con entusiasmo questa proposta."

Cosa ritiene sia essenziale per allenare dei giovani e cosa pretende da loro?

"Ci vuole molta pazienza, l'allenatore non è un ruolo dove puoi metterti in luce, devi stare sempre dietro le quinte, perché davanti ci devono essere sempre i ragazzi con la loro crescita e il loro approccio agli allenamenti. Quello che richiedo da loro è di mettere tanta passione per costruire giorno dopo giorno il loro futuro."

 Che significato ha avuto il torneo di Viareggio per lei e i suoi ragazzi?

"Il torneo di Viareggio è un' esperienza a livello internazionale, dove ti misuri sia con squadre italiane molto competitive sia con squadre straniere. C'è la possibilità di trovare più visibilità, grazie all'attenzione della stampa e al grande interesse nazionale, perciò per i ragazzi è sempre un'esperienza molto importante da fare." 


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