Di Mattia Bannò - <<Io mi sento albanese. Così come mi ero subito
sentito uno del Toro. Mi piace entrare nella realtà in cui lavoro. La gente se
ne accorge e si crea un gran bel feeling. Che aiuta a vincere>>. Parole e musica per le
orecchie dei tifosi della Terra delle Aquile quelle rilasciate da De Biasi a "La Stampa", che descrivono
appieno la genesi di un sogno che, nella nostra storia, sta per diventare
realtà.
In un Paese legato indissolubilmente all'Italia per
ragioni storiche e sociali, in cui l'italiano è molto più di una seconda lingua
e in cui tutti seguono il nostro massimo campionato, ci ha messo poco il ct
trevigiano ad entrare nel cuore della gente, soprattutto grazie alla sua umiltà
e capacità di adattamento, due elementi imprescindibili per vincere. Lo sa bene
De Biasi, uno non nuovo a grandi imprese a livello di club, ma questa volta
è diverso, c'è una Nazione intera che attende da troppo tempo di poter gioire
per un traguardo storico. A certificare il legame tra il popolo albanese e
l'ex tecnico del Modena, il 28 marzo 2015, un giorno prima della fondamentale
gara casalinga con l'Armenia, De Biasi, ribattezzato GIANI dai tifosi, riceve,
dalle mani del Presidente della Repubblica, Bujar Nishani, il decreto
Presidenziale per la cittadinanza albanese, un riconoscimento che riempie di
orgoglio un allenatore, capace di dare alla sua squadra, dopo l'organizzazione
dentro e fuori dal campo, anche la mentalità di potersela giocare contro ogni
avversario e di poter ribaltare la contesa in una situazione di svantaggio.
Proprio come accade nella sfida contro Mkhitaryan e compagni, avanti 1-0 fino a
tredici minuti dal termine, quando Mavraj, facendosi perdonare l'autogol
iniziale, sigla il pareggio di testa, venendo imitato, quattro giri di orologio
dopo, da Gashi. La rimonta è completata, sugli spalti dell'Elbasan Arena si
scatena il delirio per un risultato che, dopo quattro partite su otto, proietta
l'Albania, unica formazione del girone imbattuta sul campo, al secondo posto,
con sette punti, al pari della Danimarca e a due lunghezze dal Portogallo
capolista.
Ma perché l'impresa si compia è necessario che tutti i
tasselli tornino al loro posto. In un giorno di mezza estate, il Tribunale di Arbitrato
dello Sport di Losanna, ribaltando le precedenti decisioni Uefa sulla gara
Serbia-Albania del famoso 14 ottobre 2014, respinge il ricorso dei padroni di
casa (a cui era stata assegnata la vittoria a tavolino, ma anche inflitti tre
punti di penalizzazione), ammettendo, allo stesso tempo, quello degli ospiti,
assegnando la vittoria per 3-0 ai ragazzi di De Biasi. Giustizia è fatta per
la compagine albanese, che sale a quota dieci in graduatoria, a pari punti
con la Danimarca (che ha ottenuto il successo interno con la Serbia il 13
giugno) e a -2 dalla capolista Portogallo (vincente in Armenia), ma con una partita
in meno rispetto ad entrambi gli avversari. Ecco perché lo scontro diretto
del 4 settembre in Danimarca diventa uno snodo cruciale, non perdere
significherebbe compiere un passo determinante verso la meta. I giocatori sbarcano a Copenhagen potendo impostare la gara
come più sono abituati a fare, ovvero lasciando l'iniziativa ai padroni di casa
e agendo di rimessa. Ne esce una partita che non sarà certo ricordata dagli
esteti del calcio, ma inappuntabile dal punto di vista difensivo per gli
albanesi, che, dove non arriva la tattica, vengono salvati dalle parate di
Berisha e da un paio di salvataggi decisivi del baluardo Cana. E poco importa
se, nel finale, gli ospiti sfiorano il gol che li avrebbe addirittura portati
in testa al girone, perché la Nazionale della Terra delle Aquile ha a
disposizione tre match-ball per centrare il pass per la Francia, i primi due
tra le mura amiche con Portogallo e Serbia e, all'ultima giornata, in casa
dell'Armenia. Proprio a Yerevan arriva il secondo pari a reti bianche in
quattro giorni della Danimarca, risultato che consegna, di fatto, all'Albania
la possibilità, con un'eventuale vittoria nel match di qualche ora dopo con i
lusitani, di mettere una seria ipoteca sulla qualificazione.
Ma quando il sogno comincia a prendere forma, subentra
la paura, perché, se puoi allenare il gioco e la mentalità, l'esperienza non la
puoi allenare, quella si costruisce nel tempo, affrontando e superando le
difficoltà. I ragazzi di De Biasi sentono la pressione del momento e il risultato
dei danesi consiglia Cana e compagni di tenersi stretto il punto contro la
formazione di Cristiano Ronaldo, non esponendosi troppo in avanti. Una scelta
che paga fino al 92' quando, dopo un legno a testa e diverse occasioni fallite
dal Portogallo, Miguel Veloso, con un colpo di testa sugli sviluppi di un
calcio d'angolo, rovina i piani dei padroni di casa, che subiscono la prima
sconfitta del girone. Una doccia gelata per la squadra albanese, a cui però bussa
il destino. La gara casalinga contro la Serbia dell'8 ottobre, considerata
ancora una volta ad altissimo rischio, arbitrata da Rizzoli, assume il contorno
di una sfida epica, dopo la quale i ragazzi di De Biasi, in caso di vittoria e
contemporaneo mancato colpo da tre punti della Danimarca in Portogallo,
potrebbero guadagnarsi il passaggio del turno con una giornata d'anticipo,
davanti agli eterni rivali. Che, però, pur essendo fuori da ogni
discorso di qualificazione, rovinano la festa con un 2-0 maturato negli ultimi
minuti, ad opera di Kolarov (91') e Ljajic (94'). Lo scoramento nel volto degli
albanesi è ben visibile, ma il successo dei lusitani (a cui sarebbe bastato un
punto per la matematica certezza di partecipare agli Europei) sui danesi,
giunti alla loro ultima partita, consegna a Cana e compagni la possibilità di conquistare
il pass per la Francia, che diventa
sempre più un'ossessione, solo vincendo in Armenia (il pareggio, con
conseguente arrivo a pari merito con la Danimarca, consentirebbe a quest'ultima
di spuntarla, per via della regola del maggior numero di gol segnati fuori casa
negli scontri diretti, terminati entrambi con il segno "x").
Ora o mai più. L'11 ottobre 2015 è la
data da segnarsi con il circoletto rosso sul calendario. Un'intera Nazione
aspetta il momento per liberare l'urlo rimasto strozzato in gola nelle
precedenti due gare. L'atmosfera di
tensione è palpabile nell'aria, ma questa volta i ragazzi di De Biasi hanno
l'obbligo di farcela, sprecare la terza occasione e finire agli spareggi
porterebbe ad un contraccolpo psicologico difficile da digerire. La
punizione al 6' di Movsisyan, respinta
da Berisha e non ribadita per un soffio in rete da Ghazaryan, che calcia alto
da due passi, riecheggia i vecchi fantasmi per la formazione della Terra delle
Aquile, che, passata la paura, si riversa subito in avanti, con il tiro dell'ex
Torino Basha (ora al Como) intercettato dal portiere avversario, ma con il
pallone che arriva dalle parti di Gashi. Nel tentativo di anticipare la punta
ospite, Hovhannisyan insacca nella propria porta. E' un'esultanza rabbiosa, per
via della rabbia portata dentro nelle ultime giornate, quella dei ragazzi
albanesi, che, memori del recente passato, continuano ad attaccare, trovando a
metà primo tempo il raddoppio, grazie ad un tocco sottomisura di Xhimshiti
sulla punizione del giocatore del Pescara Memushaj. Nella ripresa, dopo un paio
di pericoli sventati da Berisha e compagni, arriva il gol della tranquillità
firmato da Sadiku ad un quarto d'ora dal termine, anche se l'ex mister
dell'Udinese continua a sbracciarsi per tenere alta la concentrazione, perché,
come da lui stesso dichiarato: <<Gli albanesi hanno un senso di
appartenenza alla Nazione pazzesco, ma anche la tendenza a sedersi appena
ottengono qualche risultato>>. E' proprio su questo tasto che ha
dovuto insistere l'allenatore trevigiano, che, al fischio finale, abbraccia il
vice Tramezzani, prima di tuffarsi nella festa che durerà fino a tarda notte,
con il centro di Tirana, nonostante una fitta pioggia, invaso da centinaia di
auto che sventolano le bandiere nazionali, al pari del centro della città
kosovara Prishtina, dato che oltre la metà del gruppo guidato da De Biasi (che
a marzo ha ricevuto, per il risultato conseguito con l'Albania, la Panchina
d'Oro "premio speciale") è composta da calciatori originari del
Kosovo. Segno di come il calcio possa essere un esempio di unione e di
integrazione, in una Nazionale che, come dichiarato dal capitano e anima della
squadra Cana, in lacrime dopo la vittoria di Yerevan: <<Ha dimostrato
che quando si lavora in gruppo tutto è possibile>>.
L'Albania non vuole svegliarsi dal suo sogno e intende
continuare a stupire, dato che proprio ora che l'Aquila ha spiegato le ali,
vuole volare sempre più in alto.
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